In questo numero di QuiBolzano, parliamo di fotografia Urbex, nome contratto derivato dall’espressione angolofona urban exploration, che consiste nell’esplorazione di architetture urbane spesso abbandonate. Per capire meglio il fenomeno abbiamo incontrato il fotografo bolzanino Andrea Pozza, che ha adattato la fotografia Urbex ai suoi progetti con la dama mascherate (fino al 31 agosto è presente a Castel Presule con una sua mostra personale).
Come ti sei avvicinato all’Urbex?
Urbex è la riscoperta dei luoghi dimenticati, dei luoghi abbandonati. Io stesso ho cominciato con la documentazione dei vecchi bunker militari presenti in Alto Adige. Poi sono passato a documentare le strade militari di confine e i rifugi antiaerei di Bolzano, per arrivare a documentare infine le ville e i castelli abbandonati. Nel caso degli ambienti militari, mi interessava fare un lavoro di documentazione e ricerca di cosa è successo realmente; da quando mi sono appassionato alle ville e ai castelli, nel mio lavoro fotografico, gioco più con la fantasia, cercando con uno scatto di evocare quello che mi immagino possa esservi successo un tempo, come feste e balli. Quindi è nata in me la voglia di interpretare i luoghi con la mia fotografia.
Come si esplorano gli edifici?
Purtroppo molti esploratori non interpretano più lo spirito iniziale della disciplina, facendo passare il messaggio che bisogna introdursi nei luoghi illegalmente.
Detto questo, per andare ad esplorare i luoghi abbandonati non si può suonare il campanello e chiedere il permesso. In alcuni rari casi, in occasione di eventi particolari, c’è un custode o un referente, per esempio un curatore, che ben volentieri ti fa entrare.
Però è chiaro che se si trova un rudere aperto, quindi con porte e finestre aperte, entri. Io non ho mai rotto niente per entrare, ho sempre trovato le porte aperta. Poi è ovvio che non trovi nessuno a cui chiedere il permesso… quindi si entra, si fanno queste fotografie, si cerca di portare via le foto e lasciare l’ambiente come lo si è trovato. Quindi assolutamente non si porta via niente, non si fa niente all’interno che possa deturpare questo ambiente, anche se ci pensano già le intemperie. È una semplice documentazione. L’unica cosa che mi porto via è la fotografia. Le uniche tracce che si lasciano, sono le proprie impronte, perché ovviamente i luoghi sono impolverati e quindi ecco però il massimo deve essere questo. Quindi mi raccomando, quando sentite parlare di Urbex, di esplorazione urbana, non pensate subito a ragazzi scapestrati che vogliono entrare per spaccare e divertirsi, ma pensate a persone come me che sono appassionate di storia e che vogliono portarsi via un’immagine di luoghi che poi a distanza di anni non ci sono più o sono stati completamente distrutti e rovinati.
Di che posti stiamo parlando?
C’è di tutto, si va dalle ex basi militari abbandonate, ai bunker; ma ci sono anche moltissimi manicomi, ospedali, scuole e asili.
Immagino che ci sia una energia particolare in posti come carceri, ospedali e monasteri di clausura
Inizialmente in determinati posti percepivo una forza negativa e per questo motivo ho deciso di orientarmi verso le ville i castelli, che comunque hanno un’aura più buona e più interessante.
Till Antonio Mola