In foto: Fine 19esimo secolo: la Habsburgerstrasse, oggi corso Libertà
“La nostra storia personale è fortemente legata al vicolo dove si è imparato ad andare in bicicletta, all’angolo del primo appuntamento. I nomi di queste strade manterranno sempre un posto particolare nella nostra memoria personale. Nonostante la loro presenza capillare, nella nostra vita quotidiana però, non pensiamo mai davvero a cosa rappresentano quei nomi.” L’introduzione pubblicata sul secondo volume della collana Merabilia (edita dal Palais Mamming Museum) intitolato “Meran/o – Straßennamen und ihre Geschichte/Storie di strade” spiega in maniera molto esplicita (e nelle due lingue che si parlano in Alto Adige) lo scopo di Pietro Fogale e Johannes Ortner: fornire ai cittadini di Merano uno strumento con cui leggere la storia della città sul Passirio attraverso i cambiamenti dei nomi delle sue strade.
La prima parte della pubblicazione è costituita da tre saggi in cui i due autori ricostruiscono le vicende storiche che stanno alla base delle scelte odonomastiche degli ultimi due secoli: dal periodo asburgico (quando si iniziò a celebrare la famiglia reale e gli eroi tirolesi dedicando loro delle strade), alla Belle Époque, quando Merano si affermò come centro turistico di fama internazionale e nacque un “Adressbuch”, uno stradario, che tra 1882 e 1933 conobbe ben dodici edizioni, oltre a numerose mappe della città. Si passa poi all’Annessione, quando la situazione dell’odonomastica cambiò radicalmente e vennero introdotti i primi nomi italiani, e dunque il fascismo e la sua caduta. Ampio spazio è riservato agli anni del miracolo economico, quando la città conobbe un nuovo sviluppo urbanistico. Sorsero così il rione dei musicisti, tra l’ospedale e via Verdi, e quello degli scrittori, nella zona dei Greutenwiesen a Maia Bassa, tra la passerella sul Passirio e l’ippodromo. A partire dagli anni ‘70 e ‘80 nella denominazione odonomastica si cominciò ad allontanarsi dal modello celebrativo dell’eroe per dare spazio a chi era stato vittima del nazi-fascismo.
Nella seconda parte del libro le strade vengono prese in considerazione e descritte una per una. Una curiosità: a Merano ci sono 209 strade, 77 di queste sono dedicate a persone, 11 portano nomi di santi, quattro sono date e solo tre sono dedicate a personaggi femminili: Claudia de’ Medici, Anne Frank, Albertina Brogliati.
In foto: una scena da “Avevo un sogno”
Dal 4 novembre al 16 dicembre ritorna “Docu.emme”, la rassegna dedicata al documentario contemporaneo organizzata da Mairania 857. Le proiezioni si tengono il mercoledì alle 20.30 al Centro per la Cultura e sono e a entrata libera.
Il ciclo, curato da Daniel Mazza e Deborah Nischler, ripropone nell’edizione autunnale sette film che non è stato possibile proiettare questa primavera. Perché gettano uno sguardo critico sul nostro presente e trattano temi che interrogano un po’ tutti. Perché con il loro stile narrativo originale introducono lo spettatore nel mondo del cinema documentario europeo e internazionale. Mercoledì 4 novembre Docu.emme apre con “Avevo un sogno” di Claudia Tosi. Dalle lotte femministe contro Berlusconi alle ultime elezioni politiche del 2018, il film esplora l’Italia, attraverso l’azione politica e la vita quotidiana di due donne molto combattive: Manuela e Daniela che sognano di cambiare il proprio Paese. Sostenute solo dalla loro profonda amicizia e dalla passione politica, Manuela, onorevole del Parlamento italiano, e Daniela, consigliera comunale e poi assessora, testimoniano un cambiamento che non si sarebbero mai aspettate: la morte della politica rappresentativa e l’ascesa del populismo. Combattute tra il senso del dovere e il desiderio di lasciare, Manuela e Daniela cercano di dare un senso alla loro avventura politica. Lo humour e l’autenticità delle protagoniste dona luce e inaspettata leggerezza a uno scenario che riflette i tempi bui che l’Italia sta affrontando. La rassegna prosegue con “La scomparsa di mia madre” (11 novembre): un ritratto che il regista Beniamino Barrese fa di sua madre, l’ex modella iconica degli anni ’60 Benedetta Barzini, desiderosa di lasciare tutto e scomparire. Il 18 verrà proiettato “Sicherheit 123”, una riflessione dei registi Julia Gutweniger e Florian Kofler, presenti in sala, sul rapporto tra tecnologia e natura e tra natura e uomo. “Searching Eva” (25 novembre) di Pia Hellenthal è invece una riflessione sull’espressione di sé e sull’intimità in tempi di social media.
A dicembre gli ultimi tre appuntamenti. In “Una Primavera” (2 dicembre) Valentina Primavera racconta la storia della propria madre, decisa a evadere dal carcere della violenza domestica. Con “Dicktatorship” (il 9) Gustav Hofer e Luca Ragazzi indagano in modo divertito sull’atteggiamento degli italiani verso l’immagine della mascolinità.
nfine “Die Götter von Molenbeek” (il 16) di Reetta Huhtanen porta lo spettatore in un quartiere multiculturale di Bruxelles dove alcuni bambini si pongono domande importanti sul senso della vita.