“Questa è la Formula Uno del nuoto”

Classe 1987 Oscar Scano è un giovane papà che a Merano rappresenta una categoria sportiva davvero speciale: il nuoto pinnato. La sua passione per questo sport nasce quando aveva 16 anni. Oggi vive e lavora a Merano, anche se la squadra per cui gareggia si trova a Torino. 

Oscar spera, un giorno, di poter allenare una squadra tutta sua e di trovare in città a Merano  uno spazio adeguato per questa disciplina affascinante e spettacolare quanto il volume d’acqua che una monopinna riesce a spostare.

Quando nasce la passione per questo sport? 
Sono nato sportivo e ho sempre praticato sport, a 6 anni facevo parte di un gruppo di nuoto agonistico di Torino, Fiamma Nuoto. A 14-15 anni scopro il nuoto pinnato e da allora non ho mai smesso. Il nuoto ti impone dei limiti; il nuoto pinnato ti permette di andare al doppio della velocità. Io sono sempre stato affascinato dalla velocità ed è per questo motivo che ho scelto questa disciplina e ringrazio ancora il mio vecchio allenatore Stefano Verdiani e la squadra di cui faccio parte, la Alba Sport di Torino.

Che cos’è il nuoto pinnato? 
Il nuoto pinnato è una disciplina acquatica che grazie all’uso di pinne, nel mio caso di monopinne, permette di raggiungere velocità più elevate rispetto al nuoto tradizionale. Questo sport viene definito la Formula Uno del nuoto, ma non è considerato una disciplina olimpica, anche se dal 1981 fa parte dei Giochi Mondiali. Le federazioni italiane di nuoto pinnato sono  la Fipsas  e la  Cmas.

Il nuoto pinnato ha una storia affascinante…
Le pinne nascono in ambito militare e vengono considerate armi segrete. Durante il secondo conflitto mondiale i nuotatori pinnati trasportavano materiale bellico attraversando in notturna il mare aperto. Più tardi nel dopoguerra le pinne vengono utilizzate dai pescatori subacquei e solo nel 1950 viene disputata la prima competizione in Italia sul fiume Po. 
Negli anni Settanta con l’avvento dello stile delfino, si affaccerà per la prima volta  la monopinna che è l’attrezzatura che caratterizza il nuoto pinnato moderno. 

Molti confondono il nuoto pinnato con le movenze sinuose della sirenetta. Quanto è vera questa associazione? 
Il nuoto pinnato è uno sport di velocità e non è affatto semplice. Se i  movimenti dei piedi dentro la scarpa della monopinna  non sono precisi e sincroni, si rischia di compromettere tutta la parte lombare con gravi conseguenze per la salute della schiena. Inoltre l’alloggio del piede nella scarpa della monopinna provoca delle microfratture ai polpastrelli che spesso devono essere protetti con del nastro isolante.

È possibile praticare questa disciplina in Alto Adige? 
In realtà no, qui non esiste alcuna società di nuoto pinnato o monopinne. Io ad esempio mi alleno da solo e mi appoggio ad alcune associazioni che mi mettono a disposizione delle vasche durante gli allenamenti. La pinna è molto ingombrante e sposta un volume d’acqua notevole. Questo rischia di creare disagi agli altri nuotatori. Al momento mi appoggio alle associazioni Merano Club Sommozzatori, Sub Marine Diving Merano e Bolzano Sub. Di solito i sub usano le pinne per le immersioni, ma  non tutti sono a conoscenza della disciplina del nuoto monopinna. 

Come sono fatte le monopinne? E quante ne possiede? 
Le monopinne sono costituite da una pala normalmente in fibra di vetro o carbonio lunga circa 50-70 cm sulla cui parte caudale viene incollata una scarpa in gomma per alloggiare i piedi. Le monopinne possono essere di diversi tipi, dipende dai settaggi; ci sono monopinne da fondista, velocista o da mezzofondista. Le pinne più vecchie che uso per allenarmi, anche se non sono adatte per le competizioni, sono pale fabbricate artigianalmente. Oggi solo pochi paesi come Ungheria, Ucraina e Russia le producono ancora a mano. Ci vogliono quasi 2-3 settimane di lavorazione per realizzare tutte le scalanature che si trovano sul retro della pinna e  che determinano la velocità e la spinta del nuotatore. Ogni pala  realizzata artigianalmente è come un vestito di sartoria, cucito addosso alle caratteristiche di chi le indossa. Esistono poi centinaia di scalanature e la scarpa dove alloggia il piede deve essere molto fedele alla conformazione del piede del nuotatore.

Quali sono le categorie del nuoto pinnato? 
Esiste il nuoto pinnato di velocità molto spettacolare perché riesce a spostare enormi quantità d’acqua e l’apnea. 

E gli allenamenti sono faticosi? 
Sì, certo. Io dovrei allenarmi tutti i giorni, ma al momento riesco ad entrare in vasca solo 3 volte alla settimana. Il lavoro e gli impegni familiari non mi permettono di fare di più. 

Quali caratteristiche deve avere un bravo nuotatore di nuoto pinnato? 
Bisogna saper nuotare bene a stile libero e a delfino, avere una buona capacità polmonare, possedere una buona forza sulla schiena e sull’addome e avere una buona mobilità di spalle e caviglie. 

Quali sono i suoi successi personali nell’ambito del nuoto pinnato? 
Nel 2020 ho vinto i campionati italiani master a Lignano Sabbiadoro; sono arrivato primo nei 100 mt. in superficie, secondo nei 50 mt. in apnea, e ancora  primo nei 50 mt. in superficie. È stato bello salire sul gradino più alto del podio accanto ai nuotatori che fanno parte della squadra di nuoto pinnato del corpo della Polizia e della Guardia di Finanza.

Nel 2010 succede qualcosa di particolare…
Sì, purtroppo ho un incidente gravissimo in moto che mi ha provocato delle lesioni importanti alla gamba. Nei 10 anni successivi fino alla partecipazione al master di nuoto del 2020 mi sono dedicato alla mia riabilitazione: non sono riuscito ad entrare in vasca, ero scosso e demotivato, non mi sentivo all’altezza. La palestra e i duri allenamenti mi hanno permesso di irrobustire il busto e le gambe. Nel 2019 e in soli sette mesi riesco ad entrare in vasca con dei risultati incredibili che poco dopo mi avrebbero dato ragione. 

Autore: Francesca Morrone

Stop allo sport, ma gli atleti non mollano

Il momento che tanti temevano è arrivato: palestre e piscine chiuse. Ancora una volta gli sportivi e le sportive si trovano a dover fare i conti con un altro stop e a non poter proseguire con gli allenamenti. A raccontare delusione, tristezza, ma anche rabbia, ci sono cinque ragazzi e ragazze di discipline sportive differenti: Sofia Pellegrini, ginnasta, Nicola Balzarini, giocatore di pallanuoto, Chiara Peluso, pallavolista, Alberto Manca, calciatore e Alex Langebner, arrampicatore. 

A causa delle nuove misure restrittive per cercare di arginare la pandemia, tanti atleti di tutte le età non possono più praticare il proprio sport. Per molti questo è un grande colpo da digerire: c’è chi si stava preparando per i campionati nazionali, chi stava recuperando proprio adesso con grande fatica la forma fisica a causa del primo lockdown e chi invece aveva appena fatto ritorno in palestra dopo la pausa estiva. 

“Nonappena ho saputo che la nostra palestra avrebbe chiuso ho pensato subito alla mia partecipazione ai campionati nazionali di ginnastica artistica di dicembre. Senza l’allenamento sui quattro attrezzi è inimmaginabile poter presentare degli esercizi dignitosi in gara – spiega Sofia Pellegrini –Ero arrabbiata, triste e amareggiata perché dopo mesi di duro lavoro, sudore e costanti sacrifici, sentirsi dire che le palestre avrebbero chiuso un’altra volta mi ha spezzato il cuore”..

Così come la ginnasta, anche per Nicola Balzanini non è stato semplice digerire la notizia: “Per me è una cosa devastante non potermi allenare in piscina, perché a differenza degli sport praticati in palestra o all’aperto, io senz’acqua non posso fare nulla – spiega – il mio è uno sport di contatto, quindi speravo che potessimo almeno continuare con gli allenamenti individuali di nuoto, proprio adesso che stavamo recuperando faticosamente la nostra forma fisica.”

Sport vuol dire anche amicizia, compagnia e condivisione, e questo lo ricorda la pallavolista Chiara Peluso: “Non potermi più allenare in palestra per me vuol dire che mi mancheranno, oltre al divertimento e al momento di sfogo della giornata, anche gli incontri settimanali con le mie compagne di squadra – spiega – Tra una partita e l’altra era normale scambiare due chiacchiere: questa situazione oltre che portare a un peggioramento della nostra condizione fisica e tecnica, alla lunga si ripercuoterà anche su quella psicologica.”

“Quando mi alleno do il massimo per giocare la domenica – spiega Alberto Manca – ogni settimana aspetto il weekend solo per la mia partita. Non potermi allenare e giocare è una cosa che mi rattrista molto.”

Nonostante la criticità delle circostanze, gli atleti comprendono anche la necessità di queste misure restrittive. D’altra parte però, è molta l’amarezza: “Mi sembra ingiusto tutto questo, perché così viene tolta ai giovani la possibilità di vivere la loro passione, di inseguire i loro sogni, di divertirsi e stare con gli amici. Vengono privati di qualcosa per la quale hanno lavorato per settimane, mesi e anni, mettendoci impegno e dedizione e compiendo molti sacrifici”, sottolinea Sofia. Dopo la prima ondata primaverile, molte sezioni di vari sport si erano organizzate in modo da poter riprendere con gli allenamenti in sicurezza. Disinfettanti, sanificatori, gestione degli spazi, misurazioni delle temperature e molto altre misure sono state adottate, per garantire il diritto allo sport e quello alla salute. “In piscina sono state attuate tantissime misure di sicurezza e degli ottimi protocolli da seguire per evitare i contagi – spiega Nicola – Oggi però questo sembra non essere abbastanza e lo sport viene giorno per giorno messo da parte, insieme a tutti coloro che amano praticarlo. Perché a rimetterci non sono solo i grandi agonisti, ma dietro a ogni sport ci sono anche molti bambini e molte bambine: tanti di loro avevano iniziato da poco e si erano appassionati a una disciplina, altri invece la praticavano già da parecchi anni e stavano crescendo, migliorando. Ognuno di loro ancora una volta dovrà compiere un altro sacrificio e rinunciare al sano movimento.”

Lo sport può essere anche un grande hobby, come l’arrampicata per Alex Langebner: “Da otto anni pratico questa disciplina e sono arrivato al settimo livello. Grazie alla mia passione sono diventato istruttore e ho iniziato a gestire alcuni corsi di arrampicata, facendo così del mio hobby anche il mio lavoro. Oggi, non solo non posso allenarmi, ma in queste condizioni non posso nemmeno guadagnare.”

Gli atleti nonostante ciò non mollano e anche davanti alle difficoltà non si arrendono cercando di trovare delle soluzioni alternative per mantenersi in forma. “I nostri allenatori – spiega Nicola – nei giorni in cui avremmo avuto gli allenamenti, ci mandano degli esercizi da fare a casa o all’aperto individualmente, in modo tale da non farci perdere la forma finora acquisita.”

Così anche il mister di Alberto: “Il nostro allenatore ci ha suggerito di mantenere autonomamente la miglior condizione fisica possibile, sperando in una pronta ripartenza.”

Nel mondo della ginnastica invece, Sofia racconta come le sue allenatrici stiano trovando metodi di allenamento alternativi – a volte anche creativi – per cercare di tenere alto l’umore e per non far perdere la giusta motivazione. “Di certo stare fermi a fare niente e sperare che tutto questo passi in fretta non aiuta affatto. Perciò, anche se non possiamo entrare in palestra, ci manteniamo in forma svolgendo allenamenti alternativi a casa, collegandoci digitalmente con la nostra squadra o andando a fare un workout all’aperto. In questo momento particolare – continua–  mi sento di dover ringraziare tutto il team di allenatrici, perché nonostante la situazione negativa, loro ci stanno sempre vicine, si impegnano a trovare nuovi metodi per non farci perdere la voglia, ricordandoci sempre di tenere duro e di non mollare mai.” Anche se il mondo dello sport attualmente è in crisi, di certo sono proprio i ragazzi a insegnare che la passione e la forza di volontà sono la cura migliore in questi tempi. Lo sport è salute, è essenziale. 

Autore: Chiara Caobelli