Per le limitazioni sugli assembramenti, dovute alla pandemia in corso, non si è potuto celebrare come di consueto anche l’anniversario della Liberazione, per rendere omaggio, come in altre città, a persone che si impegnarono, dando anche la vita, per la libertà dal nazifascismo. Il Comune di Bolzano ha però ricordato con una targa, il 30 aprile 2005, anche chi poté lavorare, farsi una famiglia, nonostante i tempi, grazie all’attività a Bolzano sin dal 1935 di stabilimenti industriali. Fu nel 1934 che l’alta gerarchia fascista decise di realizzare una zona industriale a Bolzano; alle aziende, che per dieci anni non furono soggette a tassazione, furono concesse particolari sovvenzioni statali. Nel giro di pochi anni furono insediate 39 aziende, con oltre 8 mila lavoratori, giunti da tutto il nord Italia, per i quali si crearono i rioni “Littorio”, “Dux” e “Venezia” (ora “Novacella”, “Don Bosco”, “San Quirino”). I quartieri servivano infatti a ospitare gli impiegati statali e gli operai delle nuove industrie fatti migrare a partire dall’estate 1935; ciò per ovviare alla disoccupazione diffusa in Italia ma anche come ulteriore misura di “italianizzazione”. Ma ecco la targa bilingue, che si trova tra l’IVECO e la rotonda Vittime della Cellsa (angolo via Volta e via Pacinotti). “Città di Bolzano-Stadt Bozen / In questa zona industriale, gli Stabilimenti Acciaierie di Bolzano, Lancia, Magnesio e Leghe di Magnesio, Alluminio, Feltrinelli
Masonite e Calzaturificio Rossi, nel periodo tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, assunsero diverse centinaia di giovani altoatesini, o provenienti da altre regioni d’Italia, per evitare loro la deportazione nei campi di lavoro in Germania. / La Città di Bolzano esprime grata riconoscenza alla Proprietà e alla Dirigenza degli Stabilimenti, per avere affrontato rischi personali ed oneri finanziari nel compiere un’opera altamente umanitaria, in un momento particolarmente difficile nella storia del Paese. / 25 aprile 2005.”
Autore: Leone Sticcotti