Telefoni esperti di… botanica

Gli algoritmi per il riconoscimento delle immagini stanno diventando sempre più diffusi e importanti. Sono già ad oggi impiegati, in modo più o meno visibile, in una ampissima gamma di applicazioni. Basti pensare alle app per la memorizzazione e la ricerca di foto, capaci di raggruppare tutte le foto in cui compare la stessa persona, o a sistemi molto più complessi come quelli che alcuni paesi stanno impiegando per tracciare movimenti e comportamenti dei propri cittadini. Evitando queste derive distopiche, ho recentemente riscoperto l’utilità di questi algoritmi mentre stavamo camminando nei campi e mia figlia mi ha chiesto se i frutti di un albero che non avevo mai visto prima fossero commestibili. In quell’occasione ho potuto utilizzare una delle numerosissime app che si possono scaricare sui nostri cellulari gratuitamente (o per pochi euro): ho fatto una foto all’albero e in una manciata di secondi l’app mi ha dato tutte le informazioni di cui avevo bisogno (nome, habitat, e così via). Come abbiamo già raccontato in passato, la caratteristica di questi algoritmi è quella di saper “imparare”: vengono addestrati con numerosissime immagini già classificate (ad esempio, immagini di melo, pero, albicocco), e imparano senza alcun intervento esterno a mimare i meccanismi che hanno portato a quella classificazione. Il risultato è spesso stupefacente per precisione, talmente stupefacente che l’app che ho utilizzato ha riconosciuto l’albero che ho fotografato riuscendo ad eliminare tutte le sorgenti di disturbo (presenza di altri alberi, cielo, oggetti vari). Come sempre, c’è però l’altra faccia della medaglia. Se è vero che questi algoritmi sono precisissimi nell’apprendere, è altrettanto vero che possono molto facilmente essere “fuorviati”. Già nel 2016, un team di ricercatori esperti di sistemi biometrici ha mostrato come indossando occhiali con particolari motivi e colori, fosse possibile prendersi gioco di alcuni noti algoritmi di riconoscimento facciale, facendosi classificare come divi di Hollywood. Potete solo immaginare quante multe prenderebbe George Clooney se questi algoritmi venissero impiegati per multare automaticamente chi è in eccesso di velocità.

Autore: Marco Montali

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