L’Adige, una strada che cammina

Il filosofo Pascal ebbe a dire che “un fiume regio e ben curato è una magnifica strada che cammina”. Una considerazione che oggi, almeno dalle nostre parti, appare di dubbia utilità. Le “strade in cammino” – e in particolare l’Adige, in passato autentica autostrada tra l’agiata Venezia, porto affacciato sull’Oriente, e i paesi dell’Europa settentrionale – hanno in larga parte perso questa loro funzione. Ora, le banchine del molo sono scomparse sotto l’erba, la Dogana ha cambiato destinazione e quelli dei carrettieri e zatterieri sono mestieri estinti. È arduo anche solo immaginare il traffico caotico di uomini e di bestie, di mercanti e di gendarmi, di carri e di sfaccendati in cerca di fortuna, insomma la “vita” che il trasporto fluviale dal Medioevo in poi aveva portato nei tranquilli paesini di Laives e Bronzolo.
I laivesotti si erano da subito specializzati nel trasporto delle merci da e per Bolzano, città commerciale in rapida ascesa, e dal XVI secolo in poi avevano operato in una posizione pressoché monopolistica. Erano i dominatori incontrastati delle sconnesse, spesso impraticabili strade di allora e contribuivano notevolmente a peggiorarne lo stato disastroso con i loro pesanti carri trainati da cavalli o buoi. Certo non mancavano le dispute anche violente per spedizioni effettuate – specialmente nelle ore notturne, in cui ogni attività “lecita” era interdetta – fuori dalle convenzioni e, soprattutto, dalla tabella tariffaria ufficiale. I mercanti bolzanini cercavano di risparmiare sul “soldo” del viaggio e sovente ingaggiavano soggetti privi di “privilegio”. In questi casi, più delle autorità competenti poterono le feroci baruffe serali nelle varie osterie del paese – a iniziare dal Gutleben o Welschwirt (Ca’ rossa), dove si trovavano anche il maggior deposito mercantile e il bivio verso Bronzolo e Vadena. Una volta all’anno, davanti alla chiesa di Laives, un tempo sede di un rudimentale “tribunale” all’aperto, veniva scandito l’elenco di coloro che erano autorizzati all’acquisto del legname della “Reif” da trasportare.
Quelli di Bronzolo, per ovvie ragioni, privilegiavano l’attività portuale in senso stretto. Il trasporto verso Verona, centro di smistamento di maggior rilievo verso Venezia, Padova, Ferrara e le città lombarde, rimase pressoché ininterrottamente privilegio di dieci famiglie di Sacco presso Rovereto, tra cui i noti Fedrigotti. Tutta l’attività doveva essere tenuta sotto stretto controllo dalle autorità competenti, che ovviamente vedevano di buon occhio i ricchi commerci soprattutto per via dei cospicui dazi che vi potevano applicare. Sale, stoffe, vino, pietre, tronchi, frumento – tutto doveva essere esibito e tassato dagli agenti governativi della Dogana di Bronzolo. Poiché allora come ora l’evasione era sempre in agguato, i governi di Innsbruck e Vienna emettevano ordinanze su ordinanze per regolamentare ogni dettaglio delle lucrose e avventurose spedizioni.

Copyright foto: Gianni Beordo

Autore: Reinhard Christanell

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *