La Naspi è l’acronimo di Nuova Assicurazione Sociale Per l’Impiego ed è, a partire dal 2015, l’indennità di disoccupazione che viene erogata, con assegno mensile, dall’Inps ai lavoratori che perdono involontariamente il posto di lavoro.
Il requisito fondamentale per accedere alla Naspi è la perdita involontaria del lavoro. La legge, infatti, tutela economicamente il disoccupato solo se ha perso il lavoro contro la sua volontà.
Ci sono, tuttavia, dei casi in cui, nonostante la cessazione del rapporto sia stata determinata dalle dimissioni o dalla risoluzione consensuale del rapporto, la perdita del lavoro può essere considerata comunque involontaria. È il caso della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro determinata dal rifiuto del lavoratore al trasferimento in una sede di lavoro a oltre 50 km dalla residenza e/o raggiungibile con i mezzi pubblici in oltre 80 minuti.
Nell’ambito delle dimissioni, invece, fanno eccezione alla regola per cui non spetta la Naspi le dimissioni per giusta causa; si ravvisano quando il dipendente è, di fatto, costretto a dimettersi a causa di un comportamento datoriale scorretto, contrario ai doveri che derivano dal rapporto di lavoro, che rende non più proseguibile il rapporto, nemmeno per un momento.
I principali effetti prodotti dalle dimissioni per giusta causa sono tre: 1) il lavoratore può lasciare il posto di lavoro con effetto immediato, senza rispettare il periodo di preavviso; 2) il lavoratore ha diritto a ricevere l’indennità sostitutiva del preavviso; 3) proprio come per il licenziamento, il lavoratore che si dimette per giusta causa ha diritto alla Naspi.
Non esiste un elenco tassativo di “giuste cause”; analizzando la casistica presente nelle sentenze dei tribunali del lavoro, dimissioni per giusta causa sono state ad esempio riconosciute nei casi di mobbing, demansionamento, molestie sessuali nei luoghi di lavoro, condotta ingiuriosa del superiore gerarchico, mancato pagamento dello stipendio, trasferimento immotivato e modifica peggiorativa delle condizioni di lavoro a seguito di un trasferimento di ramo d’azienda.
Autore: Avv.to Dott. Massimo Mira