Ci lasciamo dietro le spalle un anno difficile

Nel 2020 la pandemia ha fortemente condizionato le nostre vite. Con l’aiuto del giornalista Maurizio Ferrandi ripercorriamo un anno complicato che ha provocato ansia e dolore, mettendo in discussione alcuni aspetti del nostro vivere comune che fino a ieri ci erano sembrati scontati.

Anche in quest’anno molto particolare abbiamo pensato di mantenere il nostro tradizionale appuntamento volto a ripercorrere la cronaca degli ultimi 12 mesi assieme a un collega giornalista. Per l’occasione abbiamo ospite l’ex caporedattore della redazione italiana e ladina di Rai Alto Adige Maurizio Ferrandi, un volto noto anche della ricerca storica altoatesina. Con lui abbiamo cercato di sintetizzare i momenti salienti di un anno 2020 per forza di cose fagocitato dall’emergenza legata alla pandemia del Coronavirus. Nell’anno appena trascorso e salutato in sordina non c’è stato infatti nemmeno un aspetto del vivere comune a risultare in qualche modo immune rispetto alle restrizioni alle quali non ci siano ancora abituati e che speriamo di poter finalmente superare nel corso del 2021.

L’INTERVISTA

Partiamo dalla politica locale: come ha affrontato la pandemia?
Anche qui come in tutto il mondo la politica è stata presa assolutamente in contropiede. A livello locale il tratto caratterizzante è stato cercare a tutti i costi di gestire la vicenda in maniera autonoma rispetto al livello nazionale. Il tentativo in alcuni casi è riuscito, in altri ha mostrato delle incertezze e dei momenti di arretramento. Basti pensare a ottobre quando qui si voleva tenere tutto aperto ma poi nel giro di pochi giorni si è stati costretti a chiudere a causa della forza dei dati. In ogni caso la politica locale in termini di lotta alla pandemia non ha fatto né meglio né peggio che altrove. Ma in parallelo manca ancora un tentativo serio di riorganizzare un settore sanitario che qui come altrove ha dimostrato di essere assolutamente carente e bisognoso di una profonda riforma.

E la sanità altoatesina come ha reagito?
Che la sanità altoatesina non attraversasse una stagione felice lo si sapeva già prima del Covid. Recentemente sono state anche rese note delle statistiche che sui livelli essenziali di assistenza ci collocano addirittura agli ultimi posti a livello nazionale. La politica perseguita negli ultimi anni si può ancora adattare a una situazione come quella che stiamo vivendo e soprattutto a quello che dovremo avere in futuro. È evidente a tutti la contraddizione che esiste oggi tra la politica dei sette ospedali da difendere a tutti i costi e una medicina del territorio che invece appare carente, così come l’assistenza domiciliare. Ora siamo presi dall’emergenza, ma sarebbe davvero l’occasione buona per una revisione del “modello sanitario”, visto che probabilmente arriveranno dei fondi suppletivi. Non limitandoci alla questione della lingua dei medici, che pure è un problema serio.
Stiamo vivendo in tutto il mondo un’emergenza che speriamo prima o poi si normalizzi, ma è chiaro per tutti che questa non sarà l’ultima.

La pandemia ha avuto un impatto tale da mettere in crisi diversi settori dell’economia altoatesina, seminando anche inquietudine a livello sociale. Per non parlare delle attività culturali e associative, praticamente azzerate.
Tutto sommato la provincia di Bolzano finora ha reagito abbastanza bene all’emergenza. A essere colpito in particolare è stato il settore del turismo. Ma anche il commercio e il terziario hanno avuto importanti conseguenze. A medio e lungo termine ci saranno degli strascichi abbastanza pesanti, ma l’errore più grosso ora sarebbe quello di pensare che fra un anno tutto tornerà come prima. Credo che occorrerà capire che ci sono anche dei modelli di sviluppo rispetto all’espansione a tutti i costi che è stata perseguita in passato, soprattutto nel turismo. Abbiamo infatti avuto un boom spaventoso negli ultimi anni, con una serie di conseguenze. L’Alto Adige ha delle grandi possibilità anche in questa prospettiva, lo ha dimostrato la scorsa estate in cui l’offerta turistica altoatesina rimodulata è risultata molto competitiva. Possiamo essere fiduciosi, ma – lo ripeto – pensare che tutto possa tornare come prima sarebbe un errore.

Cercando di allargare il discorso, uscendo dal tema Covid, dobbiamo anche ricordare che il 2020 ha portato al rinnovo delle amministrazioni comunali in Alto Adige. Quali sono state le principali novità?
A Bolzano possiamo dire che ci si attendeva lo sfondamento del centrodestra, ma che questo non c’è stato. Il centrodestra ha ottenuto un buon numero di voti, la Lega ha fatto man bassa come era prevedibile e c’è stata la crescita di Fratelli d’Italia, ma questo non è bastato per far vincere Zanin, un personaggio che era stato scelto proprio per allargare il perimetro del consenso verso il centro moderato. Caramaschi partiva evidentemente avvantaggiato dal fatto di aver governato con un discreto consenso negli anni precedenti, facendo diverse cose e dando un’impressione di capacità ed efficienza. Va ricordato però che Caramaschi in realtà partiva svantaggiato a causa dell’esito del referendum sul tram. Al centrodestra è mancata la capacità di andare oltre, recuperando un elettorato che non fosse quello tradizionale della destra. Poi c’è stata la scelta della SVP che ha preferito puntare su Caramaschi, anche sulla base della presenza nel centrodestra di una forza come Fratelli d’Italia che la Stella Alpina a torto o a ragione continua ad identificare c come l’erede della politica antiautonomista dell’MSI e di AN.

L’esito delle elezioni a Laives invece in pratica contraddicono quanto è avvenuto a Bolzano, con la conferma a grande maggioranza del sindaco Bianchi e dell’alleanza tra centrodestra e SVP.
A Laives non c’è molta materia del contendere. Il centrosinistra si è fortemente indebolito e non è riuscito a presentarsi agli elettori con un progetto forte, mentre il centrodestra guidato da Bianchi, persona pragmatica e affidabile, è riuscito a conquistarsi le simpatie della Stella Alpina. Contraddizioni etniche a Laives non ce ne sono e quindi alla fin fine la cosa funziona. La stessa cosa poteva avvenire anche a Bolzano…

A Merano invece il discorso è totalmente diverso.
Sì, quasi opposto. Penso che a Merano ci sia un “non detto”. Nei prossimi decenni Merano avrà un grosso problema da risolvere: cosa fare dell’enorme area dismessa delle caserme e – forse – anche di quella attigua dell’ippodromo. L’idea di gestire urbanisticamente quell’area può attirare molti interessi, legittimi. Ma in questo senso avere o non avere gli ecologisti al governo, può chiaramente fare la differenza, molto più che le questioni etniche. Alla questione del sindaco italiano o tedesco ci si può senz’altro appassionare, ma il vero snodo è quello urbanistico che però finora non è emerso nel dibattito. Una cosa è certa: dalla tornata elettorale la SVP ne è uscita come tramortita. Per la seconda volta hanno perso e questa volta non sono nemmeno riusciti ad andare al ballottaggio, la ferita è ancora aperta. La Stella Alpina non è riuscita ad archiviare l’era Rösch; non poteva ufficialmente appoggiare il candidato italiano contro quello di lingua tedesca, però in realtà abbiamo visto come le sue simpatie andavano proprio al candidato Dal Medico. E questo perché probabilmente c’è un comune sentire sul un’idea di città. Se a Bolzano i Verdi sono tutto sommato potabili per la SVP, a Merano questo invece non succede. Le motivazioni economiche prevalgono, basti vedere anche Bolzano dove pure la Volkspartei ci tiene molto a tenere sotto controllo lo sviluppo urbanistico della città. Anche se in realtà le grandi scelte nel capoluogo sono già state fatte, a ben vedere. Con la città incapsulata e ferma, al di là del mega progetto dell’areale sul quale pare siano tutti d’accordo.

Abbiamo chiuso l’anno senza il mercatino di Natale. Una fine d’anno quasi surreale…
La città di Bolzano vive di commercio, da sempre. Non dobbiamo dimenticarci che l’edificio più bello della città si chiama proprio Palazzo Mercantile. Per anni si sono osteggiati i centri commerciali, alla fine la città si è arresa, ma ora a mettere in crisi i negozi è il commercio online, cresciuto in maniera vertiginosa durante la pandemia. A Bolzano non si sono mai vista così tante vetrine buie, ma non va dimenticato che i prezzi degli affitti dei locali sono sempre rimasti altissimi, anche in questo periodo. E va osservato che in città ci sono negozi chiusi da decenni, perché i proprietari preferiscono non affittare, piuttosto che guadagnare di meno.

Lo fanno perché se lo possono permettere.
Indubbiamente. Ma facciamo i conti con una forte contraddizione: si parla di espansione nell’areale quando di fatto la città si sta svuotando dal suo interno. Sembra che Caramaschi ora voglia intervenire per cercare di calmierare gli affitti. Mi sembra giusto: i proprietari degli immobili ora dovrebbero essere indotti ad abbassare i loro canoni, sulla base di una specifica politica fiscale. Altrimenti non ci sarà fine allo svuotamento di negozi e uffici. Il problema è soprattutto legato al comportamento di alcuni grandi proprietari, che detengono mezza città ma preferiscono non affittare. Non so cosa aspettino: con la realizzazione di Benko e areale quel poco di richiesta che c’è verrà in pratica assorbita tutta lì. E allora? Anche la Provincia ha la sua responsabilità, avendo deciso di concentrare tutti i suoi uffici nel centro storico. La città sarebbe senz’altro molto più vivibile se gli uffici pubblici fossero distribuiti in periferia. Eviteremmo tra l’altro due terzi del problema del pendolarismo.

MAURIZIO FERRANDI

Bolzanino di nascita, Maurizio Ferrandi ha coniugato, sin dai tempi degli studi universitari, la passione per il giornalismo con quella per la storia altoatesina del ‘900. Si è laureato con una tesi sugli accordi Hitler-Mussolini del 1939 e le Opzioni di cittadinanza. Mentre lavorava presso le redazioni del quotidiano “l’Adige”, di “TVA Televisione delle Alpi” e del quotidiano “Alto Adige”, ha scritto un libro sulla storia della Fiera di Bolzano e la biografia di Ettore Tolomei (L’uomo che inventò l’Alto Adige, Publilux, Trento 1986). Per venticinque anni ha lavorato presso la RAI di Bolzano, realizzando tra l’altro diversi programmi a carattere storico sul la chiusura del “Pacchetto” e sull’“Accordo Degasperi Gruber”. Ha lasciato nel 2013 l‘incarico di caporedattore responsabile delle redazioni italiana e ladina, per dedicarsi completamente alla ricerca storica.
Da allora ha pubblicato due volumi dedicati alle cronache parlamentari della questione altoatesina e ha curato un’antologia di scritti sull’Alto Adige terra di frontiera. Tutti questi libri sono stati pubblicati dalla casaa editrice Alpha Beta, compresa la riedizione aggiornata della biografia di Tolomei, uscita nello scorso autunno.

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