Quella ragazza assorta nel condannare i crimini nazisti

Merano, notte del 15 settembre 1943. Un gruppo armato del S.o.d, acronimo di “Servizio di ordine pubblico sudtirolese” al servizio delle Ss e della Gestapo, rastrella nella città donne e bambini di origine ebraica.
Sono quarantatre persone che – impaurite e spaventate, con urla, spintoni e sotto la pressione dei fucili mitragliatori – vengono condotte nelle cantine della Casa del Balilla. Il loro destino è segnato, dopo un breve interrogatorio, in quella notte stessa, verranno condotte presso i campi di sterminio di Reichenau (Innsbruck) e poi ad Auschwitz – Birkenau. Solo una di quelle quarantatre persone sopravviverà alle atrocità dei lager.
Il suo nome è Walli Hoffman.
Tornata a Merano nel dopoguerra, Walli convinse la Comunità ebraica ad erigere un monumento in ricordo di quell’efferato crimine.
L’opera venne affidata ad una giovane artista, figlia di una delle quarantatre vittime dei nazifascisti. Il suo nome era Ceza Somoskeoy e si mise subito all’opera. La statua doveva rappresentare tutta l’infinita dolcezza e gentilezza, in contrapposizione all’odio e la rabbia che hanno altresì caratterizzato i due regimi autoritari. L’opera realizzata in marmo bianco raffigura una giovane donna, vestita con una sobria tunica dalle mille pieghe e tesature. È in ginocchio, ma non sta implorando “alcuno”, il suo sguardo è rivolto verso l’alto, raccolto e sereno, in un punto che sembra guardare verso l’infinito. Le mani sono giunte, ma non stanno pregando, sembrano quasi avere pietà nei confronti dei propri aguzzini. Tutta l’opera tende ad esprimere una grande serenità ed una inesauribile bellezza , nei confronti di un grande dolore e di un atto atroce, ovvero l’eliminazione dell’altro e del diverso. Collocata all’interno di un condominio in via Otto Huber l’opera fa tutt’ora bella mostra di sé nei pressi del luogo dove sorgeva, la demolita Casa della G.i.l., insieme ad una targa commemorativa che ci ricorda i fatti di quella tragica notte meranese.
Di recente la statua è stata completamente ripulita dall’incuria del tempo, a cura del nostro gruppo di volontari di Retake insieme agli amici di Merano.
Spetta ad ognuno di noi ricordarci di come è stata atroce e crudele la guerra, ma di come da essa possano nascere opere che ci ricordano altro. E di come – in effetti e citando il filoso Cvetan Todorov – la bellezza è l’unica arma che può salvare il mondo.

Autore: Flavio Schimenti

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