Coordinatore del centro di salute mentale a Casa Basaglia da circa un anno e mezzo, Francesco Boccia si è trasferito a Merano per motivi di lavoro. Da quando è arrivato qui in città ha cercato di portare avanti delle significative battaglie contro gli stigmi sociali e culturali legati alle malattie mentali e all’identità di genere. E lo fa scegliendo un modo autentico, parlando di se stesso e raccontando la sua esperienza come attivista per i diritti delle persone Lgbt.
// Di Francesca Morrone
In occasione di alcuni eventi celebrativi internazionali come “il coming out day” e non per ultimo la manifestazione spontanea a Merano a favore dei diritti delle persone Lgbt, anche il QuiMerano ha voluto dedicare uno spazio per raccontare chi sta dall’altra parte e che è disposto a sacrificare i dettagli della propria vita privata a favore del riconoscimento di un diritto universale.
Francesco Boccia, ci parli della sua storia. Quando comincia il percorso verso la dichiarazione della sua omosessualità?
Devo premettere alcuni particolari della mia adolescenza: vengo dalla provincia di Salerno e sono cresciuto circondato dall’affetto di tre donne amorevoli, ma al tempo stesso molto presenti: mia madre, mia zia e mia sorella. Perdo mio padre giovanissimo a causa di un incidente stradale. A 26 anni mi invaghisco di un ragazzo, ma entrambi capiamo subito che quella esperienza è più grande di noi. A 15 anni la prendevo come un gioco, anche se i miei amici a scuola mi prendevano in giro. Credo che allora non ci fosse l’attenzione che c’è oggi sul tema del bullismo e quindi determinate discriminazioni passavano inosservate per chi le agiva, mentre la vittima non era in grado di comprendere la portata di quell’abuso.
Che cosa succede dopo?
Ho una lunga relazione con la mia compagna fino a quando una sera dopo una brutta discussione sento che c’è qualcosa che non va. Non ero soddisfatto della mia vita, qualcosa mi impediva di essere quello che forse il mio corpo e la mia mente volevano esprimere. Dico basta! Dopo qualche tempo e un percorso di psicoterapia, decido di liberarmi di un peso enorme che non sopportavo più e faccio coming out, dichiarando di essere attratto dagli uomini prima alla mia mamma e poi ai miei amici più stretti.
Qual è stata la loro reazione?
Innanzitutto ricordo che il mio allenatore in palestra mi disse, “Sei più luminoso, Francesco. Sembri felice, rinato”. E lo ero. Ero davvero felice di essermi alleggerito non di un segreto, ma semplicemente di qualcosa che volevo condividere con le persone a me care. Mia madre non mi ha parlato per parecchi mesi, ma io non le ho mai voltato le spalle e ho tenuto in piedi un rapporto telefonico fatto di monosillabi. Mai colpevolizzare i genitori, mai tagliare i ponti con loro; a volte si tratta di persone con un bagaglio di vita più limitato rispetto al nostro e con delle convinzioni che fanno capo alla cultura e alla mentalità del loro tempo. Oggi ci parliamo e corro subito a trovarla durante le vacanze, ma l’argomento “omosessualità” resta ancora un tabù per lei. Eh, gli amici: alcuni li ho persi, molti altri ne ho trovati.
Cos’è cambiato dal suo coming out, dalla sua dichiarazione di omosessualità?
È stato doloroso arrivare al coming out, il periodo della transizione l’ho vissuto con malessere e insicurezza, ero nervoso, irascibile, mentre dopo mi sono sentito libero. Oggi posso dire di essere una persona equilibrata e di stare bene con me stesso. Risolto questo aspetto, il mio percorso dopo il coming out è stato poco traumatico: non sono stato discriminato né offeso come persona.
Ultimamente lei è stato protagonista della campagna elettorale durante le ultime elezioni amministrative a Merano. Come slogan ha scelto volutamente lo slogan “Merano a colori. No stigma”: che cosa intedeva con qiuesta frase?
Lavorando in ambito psichiatrico sono consapevole del fatto che vi siano molti pregiudizi e reticenze nei confronti dei malati psichiatrici. Si tratta di un fenomeno culturale che grazie a diverse campagne di informazione e di sensibilizzazione cerchiamo di arginare ormai da molti anni. Inoltre c’è una certa correlazione tra lo stigma della malattia mentale e quello dell’omosessualità. Molti sono i giovani che, ad esempio, non potendo vivere serenamente la propria sessualità sviluppano malattie mentali. Per questo ho scelto di dedicare la mia campagna elettorale ai temi dell’omosessualità e della malattia mentale; sogno una Merano a colori, sogno l’abbattimento di pregiudizi e barriere nei confronti di uomini e donne che decidono di amare come desiderano, senza dovere essere giudicate o ancor peggio discriminate. Sarò davvero contento quando a Merano vedrò sventolare la bandiera a colori.
Ora che si è fatto conoscere in città, quali sono i progetti in cantiere che l’attendono?
Sabato 30 ottobre sono riuscito ad organizzare in via Cassa di Risparmio a Merano un flash mob spontaneo di cittadine e cittadini che si sono raccolte per manifestare la propria solidarietà nei confronti dell’affossamento del disegno di legge Zan che attua nuove misure di prevenzione e di contrasto alla della discriminazione delle persone omosessuali e con disabilità. Sono intervenuti anche rappresentanti dell’Associazione Centaurus di Bolzano. Nel frattempo ho ricevuto delle chiamate anche da parte dell’Ufficio delle Pari Opportunità di Merano. L’affossamento del DdL Zan è stato un pugno in faccia per me. Un colpo al cuore, una sconfitta per l’Italia. Siamo molto indietro rispetto a molti paesi che hanno già una legge contro la omobitransfobia. In Italia, nonostante i dati allarmanti sulla violenza e la discriminazione, ancora oggi manca una legge che tuteli le persone omo, bi e transessuali.
Cosa si sente di rispondere alle persone che dicono che non c’è bisogno di una legge contro l’omofobia?
Che non è scontato, purtroppo. Le discriminazioni contro le persone omosessuali o con disabilità sono molto più frequenti di quanto noi crediamo. Dobbiamo poterci difendere da chi ci aggredisce non perché abbiamo fatto qualcosa, ma perché siamo e rappresentiamo qualcosa che distorce la loro visione di realtà.
In attesa dell’approvazione di uno strumento legislativo di tutela, cosa possiamo fare?
In attesa della legge dobbiamo puntare molto sull’idea di educazione dei giovani e delle famiglie. C’è bisogno di conoscenza per scoprire il mondo degli altri, di educazione per affrontare pregiudizi e tabù e di sensibilità per trattare tutti i nostri simili con rispetto e dignità. Ad esempio pochi sanno che il 17 maggio di ogni anno ricorre la giornata internazionale contro l’omobitransfobia. Questa giornata è stata scelta perché il 17 maggio del 1990 l’Organizzazione mondiale della sanità decise di depennare l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, definendola “una variante del comportamento umano”.
Autore: Francesca Morrone