La lunga attesa di Merano

Viaggio nella ripartenza, tra i silenzi delle periferie e le speranze del sindaco. La città del Passirio guarda al prossimo futuro, evidenziando e cercando di promuovere le sue diverse anime. E l’amministrazione comunale, per un anno doppiamente in pausa a causa del commissariamento, fa il punto sulle sue priorità.

È il primo pomeriggio di un venerdì di fine gennaio e nel fare il suo ingresso in stazione a Merano, il treno costeggia una via Lido completamente sgombra. Nessun’auto in transito e marciapiedi deserti. Una volta scesi, lo scenario non cambia, il traffico è quantificabile tra lo scarso e lo scorrevole, pochissima gente in giro, neppure l’ombra di un turista. Eppure non si sta male, la temperatura è resa gradevole dal Föhn che fa ruzzolare le foglie in un silenziosissimo Corso Libertà. Lo “Stadt Centrum”, inteso come centro commerciale, non modifica di un millimetro l’atmosfera da villaggio western che sembra avvolgere la città.
Le cose cambiano solo quando si entra nello “Stadt Centrum” tradizionale, almeno dal punto di vista visivo, perché anche nel centro storico il silenzio continua a regnare sovrano e viene interrotto solo dal tubare dei piccioni e dallo scricchiolare dei tendoni dei bar.
In giornate come queste, il centro meranese non sembra così diverso dalla periferia: si fa notare più per quel che manca che per quel che c’è. Lo conferma Hannes Egger che per settimane si è occupato di un progetto artistico e di rigenerazione urbana nel rione di Maria Assunta: “È stata un’esperienza interessante sotto diversi aspetti. Intanto ho visto dove abitano i corrieri che mi portano i pacchi a casa. La sera li vedevo rientrare nelle abitazioni dopo aver parcheggiato i loro furgoni. Per il resto, le lamentele di chi vi abita sono le stesse del resto d’Europa, si sentono isolati e privi di servizi, in sintesi, abbandonati”.

Una visione confermata da Luigi Cirimele operatore socio-culturale dell’Upad di Merano molto attivo nel quartiere San Vigilio. Luigi è nato a Torino e cresciuto a Roma, ha visto periferie molto più problematiche, ma conferma la visione di Egger. “Sì, non noto particolari differenze, se non che San Vigilio è considerata periferia solo per il contesto, una sola strada di accesso e nemmeno una fermata d’autobus, ma è a due passi dal centro. Vivo a Merano solo dal 2017, due dei quattro anni che ho vissuto qui sono stati condizionati dalla pandemia e poi dal commissariamento, quindi per me è difficile comprendere come si viveva prima. Posso dire, però, che la città mi sembra intontita, sembra faticare a rialzarsi”.
Cirimele sembra aver colto la questione principale. Merano, come moltissime altre città, non solo fatica a rialzarsi, ma sembra in attesa di un motivo per farlo.
Dopo lunghi mesi di reclusione domiciliare, nell’estate del 2020 ci si è rialzati con un certo entusiasmo, ma una volta tornato l’inverno, corpo e mente sono risprofondati nell’emergenza. I vaccini avevano ridato fiato alla speranza, ma ora ci ritroviamo a convivere con le restrizioni e le difficoltà nella gestione della vita quotidiana.
Molti, quindi, hanno ragionevolmente deciso di attendere che tutto questo finisca, aspettando che torni la voglia di “fare cose e vedere gente” senza accumulare frustrazioni. Così, la vita assomiglia sempre di più a quella delle grigie domeniche d’inverno in cui non si intravede un solo motivo per uscire dalle coperte. Difficile trovare soluzioni, ma per Cirimele è necessaria una forte reazione da parte del mondo culturale: “Servono nuovi modelli. Il Covid costringe a un cambio generazionale, il sistema di volontariato, spesso guidato da pensionati ancora attivi, difficilmente potrà ripartire come prima. Già nell’estate passata abbiamo notato come le attività più popolari si fossero ridotte al lumicino, il rischio è che non ripartano più”.

Nel frattempo, la città resta in silenzio in attesa del proprio turno, come dal medico.
Ecco, passando dalle minuscole alle maiuscole, chi proprio non può permettersi di restare in attesa è il nuovo sindaco di Merano, Dario Dal Medico: “In effetti – premette – due anni di pandemia e uno di commissariamento hanno fatto sì che si accumulasse una valanga di arretrato. La commissaria si è giustamente occupata dell’ordinaria amministrazione, ma con l’insediamento della nuova Giunta si è rotta la diga e, inevitabilmente, siamo stati sommersi da una montagna di richieste da parte della macchina amministrativa. I primi due mesi sono stati molto intensi, non che ora sia una passeggiata, ma finalmente possiamo alzare lo sguardo”.
Nel farlo, il sindaco si è dato alcune priorità e i giovani sono una di queste.
Come per Cirimele, l’allarme non è legato alle baby gang e alle sue strumentalizzazioni, ma alle difficoltà di socializzazione. Per il sindaco, gli effetti psicologici della pandemia si protrarranno per anni: “Per questo dobbiamo fare ogni sforzo per staccare i ragazzi dai social, dai loro smartphone e dai loro divani. Occorre attivarsi per agevolarli verso una socialità reale, la pandemia ha spinto molti giovani ad abbandonare l’attività sportiva e ora sembrano non averne più voglia”.
Uno scoramento che non riguarda solo loro: “È vero – ammette il sindaco – il problema riguarda anche gli anziani che non usufruiscono nemmeno della socialità virtuale e si sentono sempre più soli”.
Fortunatamente, almeno per ora, il tessuto economico sembra reggere. Soprattutto grazie al risparmio privato e a un settore turistico che, pur se a singhiozzo è riuscito a ripartire: “È inutile negarlo, i turisti animano la nostra città, ma occorre valutare attentamente i prossimi passi. Per questo l’Azienda di Soggiorno sta compiendo uno studio approfondito che speriamo possa indicarci la strada giusta, quella che ci spinga verso la migliore convivenza tra turisti e cittadini. Ma non abbiamo nessuna intenzione di snaturare l’anima della città in nome del turismo”.

Autore: Massimiliano Boschi

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