La grande processione del 1791

L’imperatore Giuseppe II è passato alla storia per aver preso di mira il potere secolare della chiesa cattolica ed aver abolito un terzo dei conventi. Tra le “vittime” ci fu anche il convento santuario dei Servi di Maria a Pietralba, che nel 1787 fu costretto a chiudere. Fu così che la sacra immagine custodita nel convento venne affidata al curato di Laives Johann von Kolb, che la portò nella chiesa parrocchiale. Qualche anno più tardi arrivò l’autorizzazione a spostare l’immagine sull’altare maggiore: e allora a Laives fu festa grande…

Maria Teresa d’Austria morì nel 1780. Entrò nella storia soprattutto per l’istituzione della scuola pubblica obbligatoria. Dei suoi 16 figli, le succedette sul trono Giuseppe II, il quale, ispirato dalle idee illuministe dell’epoca, prese di mira l’enorme potere secolare della chiesa cattolica (e soprattutto i suoi possedimenti), abolendo di punto in bianco un terzo di tutti i conventi e riducendo di due terzi il numero dei religiosi. 

Tra le “vittime” dell’illuminato imperatore anche il convento-santuario dei Servi di Maria di Pietralba, costretto, nel giugno 1787, a chiudere i battenti nonostante il gran numero dei pellegrini che lo visitavano. 

La Sacra Immagine fu affidata al curato di Laives Johann von Kolb che nella notte tra il 12 e il 13 luglio la portò in paese collocandola su un altare laterale della chiesa parrocchiale. Solo nel 1791 arrivò da Trento l’autorizzazione a spostarla sull’altare maggiore e allora a Laives fu festa grande: nei giorni tra il 24 e il 26 giugno 1791 migliaia di persone giunsero da ogni dove per assistere all’evento – peraltro ripetuto anche 100 anni dopo. 

Poiché la fotografia nacque ufficialmente nel 1839, non esistono immagini del paese né di quell’epoca né di quelle anteriori. Il pittore bolzanino Joseph Anton Cuseth fu incaricato di immortalare la grande processione del 26 giugno e il suo dipinto, ancora esposto sotto il pulpito della vecchia chiesa, rappresenta un documento di straordinaria importanza per la storia di Laives.  

Nelle didascalie sono elencati tutti i partecipanti alla processione ma ciò che ci interessa maggiormente è il “ritratto” inedito del paese alla fine del XVIII secolo.

Premesso che il pittore, per ragioni “scenografiche”, è stato costretto a tralasciare diversi edifici già esistenti, colpisce immediatamente la grazia e l’armonia di un paesino collocato nel mezzo di giardini e vigneti – insomma l’esatto contrario di quanto siamo costretti a vedere oggi. Sullo sfondo si riconoscono le due colline moreniche e la chiesetta del Peterköfele (con la nuova strada per Pietralba ultimata nel 1769) occupate dal “popolo” incaricato di accompagnare le celebrazioni con “cannonate e botti.” Ai suoi piedi la Pfleg, sede amministrativa dei Lichtenstein e poi rinomato Gasthaus; poco distante il Kalchhof. Al centro del dipinto vediamo la chiesa parrocchiale e alla sua sinistra le cosiddette “casette della chiesa” poi abbattute. 

A destra si scorge la stretta “casa del dottore” (poi demolita per fare spazio al nuovo municipio), dimora del medico condotto e, in precedenza, quando a Laives si contavano dai 20 ai 30 scolari, utilizzata anche come scuola. Sulla destra si intravede la canonica, appena sotto la “Turnertorggl” (torchio) e il Turnerhof, poi casa Visintin. A destra, sotto la chiesetta, il maso Stampfl, poi casa di Anton Ebner.

Nella parte anteriore del dipinto si riconosce il Reinischhof (Frasnelli) e il prestigioso Grosshaus/Casagrande, per oltre 130 anni di proprietà della famiglia Franzelin (che poi acquisterà anche il convento di Pietralba). 

Il fienile del Großhaus non era ancora stato ampliato e l’edicola all’angolo è nel frattempo scomparsa. Sull’altro lato della “Reichsstraße” si trova una fontana pubblica eliminata con la realizzazione del capolinea del tram.

 La vecchia Reichsstraße imboccava ancora via Damiano  Chiesa per raggiungere, nel cuore del vecchio paese, il “Kölbl” (poi “Zur Post” a partire dal restauro degli anni ‘80), che qui è ritratto solo in parte. Davanti a questo la grande casa bianca è il “Gassman” della famiglia Tabarelli ma mancano tutte le case tra questo e il Casagrande. Di notevole interesse anche i numerosi muri a secco che circondano case e vigneti: oggi purtroppo quasi del tutto scomparsi o trascurati.

Autore: Reinhard Christanell

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