Torna a splendere il sentiero del Dürer

Volere è potere, e i volontari ne sono la dimostrazione anche questa volta: la nascita dell’associazione “Sentiero del Dürer” nel 2005 ha portato all’avvio del progetto di recupero dell’omonimo sentiero. Forza di volontà, determinazione, e poi la sinergia con le amministrazioni e gli enti pubblici in questi ultimi anni, ha fatto sì che nelle scorse settimane questo meraviglioso cammino dedicato al grande artista tedesco venisse inaugurato. 

Un cammino in grado di mettere in luce lo stretto legame fra il mondo tedesco e il mondo Italiano, fra la provincia di Bolzano e quella di Trento, fra la Bassa Atesina e la Valle di Cembra: un percorso di 35 chilometri che parte dal convento Klosterle di San Floriano (Egna) per arrivare al comune di Segonzano, per far incontrare due comunità fra cui c’è sempre stato un importante legame. Ma qual è la storia che aleggia attorno a questo sentiero? Quali le prospettive che hanno spinto un gruppo di volontari a fondare un’associazione per recuperare questo percorso?

Architetto Enrico Pedri, lei conosce bene questo sentiero: può raccontare la sua storia? 

Nasce tutto dall’operato di mio papà, Bruno, che dovendo restaurare degli edifici storici in Bassa Atesina e nella vicina Piana Rotaliana, ha fatto degli studi assieme a ricercatori e storici ed è stata trovata la mappa del Nova: una mappa del 1805 in cui si parla per la prima volta di arginare il fiume Adige.
Prima di essere deviato e immettersi a Zambana, il torrente Noce dall’epoca romana fino al 1852 (anno della costruzione della ferrovia del Brennero), si immetteva ad angolo retto a San Michele, dove adesso sorge il ponte, e quindi si creava uno sbarramento; l’Adige faticava ad andare avanti e creava un reflusso fino a Laghetti, da cui il nome dell’abitato. Queste piene interessavano anche Cortina sulla strada del vino, trasformandola in una sorta di piccola Venezia. E poi creava due mezze lune a Roverè per poi tonare nel proprio alveo, lasciando un acquitrino. In epoca romana qui passava la via Claudia Augusta, che quando c’era la piena deviava prima delle Garbe.

Come si è scoperto della sua esistenza? 

È un percorso di epoca romana: chi si recava a Verona scendeva a Faedo quando arrivava al rifugio Sauch. Chi invece andava verso Venezia percorreva la Valle di Cembra arrivando a Civezzano. Albrecht Dürer fece degli acquerelli, i primi dipinti cembrani. Però non si sapeva se erano fatti quando percorreva la strada di andata o di ritorno, perché in Trentino ne ha fatti altri. Ciò che è certo è che nel suo primo viaggio in Italia compiuto nel 1494, l’artista tedesco è arrivato al Klosterle ed vi ha trovato l’alluvione. Così ha ripiegato sul “suo” sentiero.

Qual è l’obiettivo del recupero? 

Dürer in Germania è il massimo dell’espressione artistica. Questa è dunque una delle poche iniziative regionali che potrebbero portare a valorizzare il discorso del “turismo slow”, il turismo lento, su cui da entrambe le parti si sta lavorando ormai da anni. L’idea è dunque promuovere anche quanto di bello hanno da offrire questi luoghi. Va pure ricordato che sul sentiero passa la fraglia di Trodena: c’è porfido su un versante e calcare sull’altro.

Da quanto si lavorava a questa rivalorizzazione? 

Dal 1995: in quell’anno ad Arco c’è stata una grande mostra per i 500 anni del primo viaggio di Albrecht Dürer da Norimberga in Italia. Con l’occasione mio padre e il professor Pietro Marsilli avevano presentato la loro tesi ad un convegno. La “Dürer Haus” ha riconosciuto gli studi e quindi ha dato l’ok per portare avanti questo progetto di recupero. Abbiamo organizzato molte iniziative, fra cui andare a parlarne in piazza a Norimberga.

Autore: Daniele Bebber

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