Il termine alloctono dal greco àllos “altro”, e chthòn “suolo/terra”, indica la non appartenenza di qualcosa o qualcuno al luogo di residenza. È l’essere umano nato altrove dal luogo in cui vive, e che antropologicamente chiamiamo straniero. Nessun collegamento con la storia di Meursault che Albert Camus ci ha lasciato in eredità; manco il passaggio dalla lingua latina a quella volgare, fino a quelle parole con derivazioni etimologiche antiche e straniere attualmente in uso nei dialetti e nell’italiano; nemmeno con l’arricchimento culturale che genti e popoli migranti nel nostro Paese hanno rappresentato e rappresentano; neppure di ricchezze storiche sopravvissute alle epoche, quando l’italica terra ne era dominata, e la cui espansione era evidenziata sulle cartine dei libri di storia in rosso o in blu. Frattanto che il caldo umido ci fa boccheggiare, rendendoci insonni persino le notti, e che i meteorologi delineano sulle mappe durante le previsioni – con gli stessi colori degli imperi -, il nostro compito, se così si può chiamare, è quello di prestare attenzione ai fronti temporaleschi attesi sulla fascia alpina, prealpina, pedemontana e sulle pianure a Nord del fiume Po, perché si tratterà di eventi localmente pericolosi. Se in passato l’attenzione ai rischi veniva attuata come una sorta di salvaguardia del futuro raccolto da chi abitava in campagna e coltivava la terra, per non trovarsi poi con un pugno di mosche in mano, oggi, anche i cittadini sono chiamati a mettere in pratica un più alto senso di responsabilità di fronte a questi eventi catastrofici. Si tratta innanzitutto di non sottovalutare mai le allerte emanate degli Organi ufficiali preposti e di comportarsi con prudenza per evitare guai peggiori e di agevolare lo spirito di sacrificio dei soccorritori; non di meno, al contempo, dimostrare comprensione se un’allerta meteo data per certa poi magari non si verifichi. Recentemente nella zona di Bressanone, tra Veltuno, Scalares e Funes sono caduti chicchi di grandine dal diametro di 9cm, una novità assoluta per le nostre lande. Certo potremmo considerare questi promontori fantasiosamente alloctoni, o estranei alle nostre latitudini, ma le tempeste che si generano e dei danni prodotti è palpabile. Masse d’aria che di solito stazionano sopra il deserto ed invece ce le ritroviamo sopra la Penisola, con una temperatura in libera atmosfera, a 850hpa (1500 metri), fino a 24°C al Nord, tra 26°C e 28°C al Centro Sud e quasi a 30°C sulle Isole; con una frequenza, rispetto agli anni ’50, ora abituale. Se ci pensiamo bene sono valori folli, proprio perché a quell’altitudine il valore non è influenzato dal calore del suolo. Si tratta di caldo maltempo per ridurre all’osso il concetto, e per gli studiosi del clima di un fenomeno grave quanto dannoso per l’uomo e la natura. Ma il confine tra autoctono e alloctono è sempre flebile, specie a causa della nostra capacità di memoria, della superficialità, o per i nostri interessi, materiali contro spirituali, economici contrapposti a quelli ambientali ed ecologici, la cosiddetta salute.
Donatello Vallotta