Gli esperti a difesa del Gallo cedrone

Molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare per impedire la scomparsa del Gallo cedrone anche dal Parco Naturale Monte Corno, dove già da diversi anni sono in corso azioni di sostegno per questa specie.

Il Gallo cedrone e il Francolino di monte sono due specie di uccelli di bosco; rifuggono l’uomo, abitano l’arco alpino da millenni e sono soggette a forte regressione. Nel parco naturale del Monte Corno, in Bassa Atesina, è presente una piccola colonia di Galli cedroni: “È una specie sensibile ai cambiamenti climatici, ambientali e alla predazione naturale. Quindi è esposta ad una serie di problemi, in parte causati anche dall’uomo, che ne determinano la regressione”, spiega Walter Eccli, esperto in contatto con l’ispettorato forestale Bolzano1 e che tiene d’occhio la sopravvivenza di questi animali. “In primavera vado a vedere se ci sono maschi e quanti sono – rivela l’esperto -. Nel corso dell’estate e dell’autunno verifico il successo riproduttivo. Ovvero se ci sono femmine con prole”.

Walter Eccli, qual è la situazione attuale?

Da una decina d’anni viviamo una situazione di stabilità; nel parco vive una trentina di esemplari, fra maschi e femmine. Le cose potrebbero andare anche meglio se la predazione naturale fosse un po’ più contenuta.

Può spiegare meglio?

La “gallina” cova a terra per 25 giorni, ma in questo periodo spesso le uova spariscono a causa della volpe, della faina o della martora. Sarebbe importante riuscire a ridurre l’influenza negativa dei predatori naturali, perché dove le popolazioni sono più piccole, come nel nostro caso, la predazione incide in maniera più pesante che altrove. Dei 6.000 ettari di estensione del parco naturale del Monte Corno, solo circa 2.000 sono adatti al Gallo cedrone. E sul territorio c’è una presenza importante di faine, di volpi e corvidi, altri predatori importanti.

Come operate per salvaguardare questa specie?

Serve molta cura, bisogna soprattutto di salvaguardare l’habitat, cercando quindi di non avere boschi troppo fitti. È poi molto importante ridurre al minimo il disturbo antropico: fortunatamente i visitatori stanno sulle strade e sui sentieri, il disturbo è quindi abbastanza contenuto.

In zona ci sono altre realtà che stanno svolgendo un lavoro simile?

In Val di Sole: già una trentina d’anni fa l’ispettore forestale con sede a Malè Fabio Angeli ha iniziato delle opere di miglioramento dell’habitat. Qui in Alto Adige c’è l’ispettore forestale Rainer Ploner: laureato in scienze forestali, da diversi anni si occupa di queste opere di miglioramento ambientale.

C’è qualche nuova leva che, in futuro, potrebbe seguire questo tema?

Una delle mie preoccupazioni è proprio questa: mi piacerebbe che nella nostra regione, come un po’ su tutto l’arco alpino, nascesse la figura dell’addetto custode alla selvaggina, come già esiste in Baviera.

Ma come si possono coinvolgere i giovani?

Conosco qualche giovane interessato alla tematica: mi auguro che, in futuro, qualcuno prosegua il mio lavoro, non solo nel nostro Parco, ma anche negli altri parchi naturali della nostra provincia.

Daniele Bebber

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *