Lo avevamo annunciato con un certo anticipo, al ritorno di Hubert Dorigatti da Nashville, capitale americana della musica: lì il chitarrista di Brunico si era recato per incidere la sua nuova fatica, uscita pochi giorni fa per l’etichetta milanese Appaloosa col titolo di The Nashville Sessions.
Dorigatti è senza dubbio uno dei musicisti nostrani che fanno le cose maggiormente sul serio. Il suo repertorio blues (che sia di marca sudista, virato al rock o in stile delta blues) è convincente a tal punto, e non da oggi, che non ha nulla da invidiare ai prodotti analoghi che vengono sfornati al di là dell’Atlantico.
“Andare a registrare a Nashville – ci racconta Hubert – era un sogno nel cassetto che coltivavo da anni. Nashville ha fama di essere speciale per il modo di lavorare dei musicisti di studio, volevo toccare con mano come fosse questa specie di magia di cui avevo tanto sentito parlare. È stato un flash, ora che ho fatto questa esperienza devo dire che è stato tutto come mi aspettavo, anzi, anche meglio. Hanno una cultura incredibile della loro musica, qualcosa che a me forse manca ancora, per loro è tutto naturale, sono lì per suonare: tu gli fai ascoltare come fa il brano e loro partono, senza perdere tanto tempo a parlare. Pur essendo bravissimi, non se la tirano minimamente e tra un brano e l’altro trovano comunque il tempo di fraternizzare e al tempo stesso, senza mai essere invadenti, ti propongono di provare uno strumento o un arrangiamento.”
Il disco, il terzo di Dorigatti per l’Appaloosa, etichetta specializzata che pubblica in Italia parecchi interessanti artisti americani (Mary Gauthier e Jono Manson, per fare due nomi davvero importanti), ci offre una manciata di belle canzoni che suonano davvero molto americane, pur essendo, nei contenuti, legate alla sfera personale del musicista: You Are My Roots è un bell’omaggio al padre scomparso un paio di anni fa, When The Music Is Over risale alla pandemia ed è una disperata constatazione nata dalla sensazione che tutto fosse giunto al capolinea per chi, come lui, di musica e di contatto con la gente deve vivere.
“La fama e l’importanza di Nashville – prosegue nel suo racconto – sono fondate sulla musica, che lì è una vera e propria industria, alla stregua di come la siderurgia lo è per certi grandi centri del nord e di come quella automobilistica lo è stata per Detroit. In tutto sono rimasto lì una settimana, il primo giorno, allo studio Blackbird, abbiamo fatto le basi, tutto praticamente dal vivo, suonando ogni brano tre, massimo quattro volte. Il modo di suonare di questi musicisti è incredibile, hanno una sicurezza che se ci penso mi viene ancora la pelle d’oca: ogni volta che attaccavamo un brano ho avuto la sensazione di decollare. Certo non è stata una cosa semplice, mi ci è voluto un anno di organizzazione per pianificare tutto e finanziare l’operazione, ma ora devo dire che ne è stravalsa la pena.”
La scelta dello studio in cui recarsi è stata guidata dal produttore del disco, Zach Allen, produttore del celebre chitarrista Keb Mo’ e di altri artisti americani: Hubert Dorigatti lo ha conosciuto ad un concerto e ne è nata un’amicizia. Da lì l’idea di coinvolgerlo nel progetto come produttore: Allen ha proposto a Hubert diverse soluzioni, studi mainstream, studi più piccoli, poi la scelta è caduta sul Blackbird (da cui sono usciti dischi di Johnny Cash, Dolly Parton, Greta Van Vleet, Pistol Annies, tanto per dire nomi da alta classifica). Allen ha anche aiutato Dorigatti nella rifinitura dei testi in lingua inglese e nella pronuncia.
“Ciò che ha richiesto più tempo – ci spiega il chitarrista – è stato il provare i suoni, un soundcheck molto accurato, ogni strumento, ogni microfono, ogni sfumatura. Senza l’uso di plug-in di alcun tipo ma adattando e sfruttando il mood e l’acustica dello studio per ottenere le sonorità. Tutto fatto in maniera artigianale, ma con dei risultati elevatissimi. Per farti un esempio, quando ho chiesto se si potesse aggiustare la mia voce in un paio di punti in cui non mi pareva del tutto intonata, mi hanno fatto riflettere e mi sono reso conto che me ne accorgevo solo io e che la cosa era talmente irrilevante che nessun altro l’avrebbe notata.”
In attesa di programmare un vero e proprio tour di presentazione del disco, Hubert Dorigatti sarà sul palco a Collepietra il prossimo 26 aprile accompagnato dal fantastico armonicista Fabrizio Poggi, compagno di scuderia musicale dal curriculum invidiabile, già al suo fianco in alcuni lavori precedenti.
Autore: Paolo Crazy Carnevale