L’Allmende tra Caldaro e Cortaccia

Chiunque oggi attraversi la Bassa Atesina tra Bolzano e Trento incontra un territorio quasi interamente destinato alla coltivazione intensiva di mele o uva. Ma non è stato sempre così. Per molto tempo – e parliamo di migliaia di anni – la valle era occupata soprattutto dall’alveo esteso del fiume, da una fitta boscaglia e da un’ampia distesa di terreni incolti o utilizzati come pascolo.

Il godimento collettivo del territorio ovvero i cosiddetti usi civici come pascolatico, erbatico, caccia, legnatico e altri era definito “Allmende” o “Gemein” ed era tradizionalmente riservato da tempi remotissimi a tutti cittadini residenti in un determinato comune. I comuni di Caldaro, Termeno e Cortaccia, i cui diritti di fruizione del “Moos” risalirebbero addirittura al vescovo trentino S. Vigilio, erano comproprietari delle ampie paludi attorno e a sud del lago di Caldaro nella misura di metà quello di Caldaro e di un quarto ciascuno gli altri due.
Il primo regolamento scritto riguardante l’utilizzo di questi terreni incolti risale al 1534. Ovviamente regolamentava i diritti e doveri dei singoli comuni e nello stesso tempo serviva a prevenire i continui contenziosi o le piccole baruffe tra contadini che si contendevano il fieno per le bestie o la legna da ardere. Una modifica introdotta nel 1688 proibì addirittura ai contadini di recarsi – come probabilmente accadeva – nei campi armati di pistole, sciabole, pugnali o altre armi.
Era invece consentita l’attrezzatura indispensabile per il lavoro come falce e rastrello o, nel caso di taglio di piante, delle asce o seghe. Inoltre era assolutamente vietato riunirsi in “compagnie” di più di due uomini per volta, ciascuno con una sola falce onde evitare provocazioni, discussioni troppo accese e scontri armati.
Problemi nascevano anche tra usi civici del Gemein e i proprietari privati di terreni quali nobili, conventi o grandi possidenti. In particolare era interdetto a questi ultimi di “allargare” arbitrariamente i confini dei propri appezzamenti con recinzioni erette di sotterfugio o piantumazione di vigne sui terreni del Gemein, pena la rimozione forzata.
Il cambiamento è avvenuto grazie alle copiose opere di bonifica effettuate a partire dal XVIII secolo dapprima nella zona di Bolzano denominata “Neufeld” e quindi anche in tutti i comuni della Bassa Atesina fino a Kronmetz / Mezzocorona. Sia la regolazione del corso dell’Adige che la realizzazione di grandi fossati capaci di “drenare” i terreni hanno permesso ai comuni di recuperare i terreni coltivabili da assegnare soprattutto alle famiglie meno abbienti.
Il concetto teresiano di riforma agraria prevedeva proprio la piccola proprietà diffusa come mezzo per combattere la povertà e la fame. Ovviamente non tutti erano felici di queste scelte “sociali”: in particolare i grandi latifondisti e signori feudali che storicamente “occupavano” la parte migliore e coltivabile della valle temevano la concorrenza e l’invadenza dei piccoli coltivatori diretti. Il valore dei loro terreni rischiava di scendere notevolmente.
Anche i pastori e allevatori non vedevano di buon occhio le bonifiche e assegnazioni. Ciò nonostante, la politica di Maria Teresa si impose e i comuni, che di fatto erano i proprietari delle centinaia di ettari di campi bonificati, iniziarono a “spartire” (da qui il nome Part o, in tedesco, Toaler, come per esempio nel comune di Laives) tra i contadini dei paesi dei piccoli appezzamenti di terra che garantissero una sorta di minimo vitale alle famiglie.
Nella distribuzione della terra si teneva conto delle sue dimensioni ma anche della sua qualità. Chi riceveva un campo qualitativamente buono a volto si doveva accontentare di una metratura minore, chi invece accettava terreni meni appetibili in compenso poteva godere di qualche metro quadro in più.

Autore: Reinhard Christanell

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