Marciano e il suo “Echo”


A inizio ottobre il giovane regista altoatesino Thomas Marciano ha vinto il “First Steps Award” di Berlino con il suo mediometraggio ‘Echo’. Abbiamo avuto occasione di incontrarlo per raccontare com’è nato questo film e cosa vuol dire diventare registi cinematografici nel 2024. 

La storia di oggi ci conduce idealmente a Vienna, dove il giovane regista bolzanino Thomas Marciano, 27 anni, ha studiato e scelto di ambientare il suo mediometraggio “Echo”, recentemente premiato ai prestigiosi First Steps Awards di Berlino. Questo riconoscimento, assegnato ogni anno dalle principali case di produzione tedesche, celebra i talenti emergenti nel cinema, premiando opere realizzate da studenti di regia e cinematografia in Germania, Austria e Svizzera.

Nell’intervista che abbiamo realizzato con Marciano, emerge con forza quanto sia per lui fondamentale il valore della squadra, quel team affiatato che lo ha accompagnato nella creazione di questo progetto ambizioso. La collaborazione e la sintonia con i membri della propria cerchia si rivelano per lui elementi essenziali, e la condivisione di questa esperienza con persone che comprendono profondamente la sua visione e i suoi obiettivi è stata, senza dubbio, una delle chiavi di questo successo.

L’INTERVISTA

Le nostre congratulazioni per questo importante riconoscimento! Quali sono le sensazioni, le ispirazioni e gli insegnamenti che porta con sé da questa esperienza intensa e significativa vissuta a Berlino?

È stata per me un’esperienza meravigliosa, dove ho provato tante emozioni e mi sento grato soprattutto verso le persone che hanno collaborato a questo progetto e senza le quali non sarei mai arrivato dove sono.

Di cosa parla il film?

“Echo” racconta la storia di una giovane ragazza di nome Zoe, che in una notte a Vienna si pone la domanda se esiste qualcosa al di là della realtà tangibile; passo per passo, impara a seguire la propria intuizione per trovare una risposta a questa domanda e, quindi, in un certo senso, anche a trovare se stessa.

Nei suoi lavori lei si allontana dalla fiction mainstream, scegliendo un approccio più introspettivo. Crede che questa modalità le permetta di connettersi anche con chi poi guarderà il film, creando un’empatia più profonda?

Sì. Si tratta di temi che mi appassionano sempre di più. Questo cortometraggio, ad esempio, esplora quello che io chiamo magico realismo, riscoprendo e sottolineando gli aspetti magici che la realtà ci offre ogni giorno. Credo che guardare la vita con occhi nuovi possa rivelare bellezze straordinarie intorno a noi, se siamo disposti a lasciarci stupire.

Nonostante il fatto che Echo, il film premiato a Berlino, sia stato interamente girato a Vienna, la sua scelta linguistica non è caduta sul tedesco. Questa particolarità aggiunge un ulteriore strato di originalità al progetto, riflettendo forse una visione che va oltre i confini geografici e linguistici tradizionali, per abbracciare un’espressività più universale e personale.

Il film è in italiano, un elemento che aggiunge un tocco un po’ surreale a tutta la storia, che è ambientata nella città di Vienna. In una notte dove tutto sembra possibile, anche le persone a un certo punto si rivolgono infatti alla protagonista in un’altra lingua.

Nelle motivazioni del suo premio, la giuria ha sottolineato l’uso magistrale del sound design e della fotografia. Come concepisce un film con queste caratteristiche? E quanto è importante per lei la creazione del team che la affianchi nella realizzazione?

L’obiettivo principale era proprio quello di creare un team affiatato, una sorta di famiglia con cui lavorare in piena sintonia. Questo è valso anche per il direttore della fotografia Benjamin Pieber  e il compositore delle musiche Raimund Hepp: abbiamo trovato subito una forte intesa, sin dai primi incontri. In particolare, Raimund Hepp ha partecipato attivamente, fin dalla fase di scrittura della sceneggiatura. Prima ancora che completassi il testo, lui aveva già iniziato a comporre, intrecciando musica e narrazione in modo che ogni elemento si fondesse con naturalezza e armonia, per dare al progetto una coesione autentica e coinvolgente fin dall’inizio.

Thomas Marciano, traspare una forte emozione dai suoi occhi quando parla di questa esperienza di squadra. Il film non è in distribuzione, quindi dovremo aspettare un po’ per vederlo. Ma per lei dopo questo premio cosa accadrà? Si comincia a fare sul serio, adesso?

Certamente, questo premio ha avuto un ruolo fondamentale nell’aprirmi molte porte, offrendomi la possibilità di accedere a contatti preziosi che altrimenti sarebbero stati difficili da raggiungere. Ritengo che uno degli obiettivi principali di eventi di questo tipo sia proprio quello di creare un ponte tra giovani registi e registe emergenti e le realtà produttive già consolidate, costruendo connessioni che possano dare origine a collaborazioni future. Ho già avuto modo di incontrare alcune persone con cui ho sentito una sintonia immediata, e questo mi fa sperare di poter instaurare, passo dopo passo, una collaborazione solida e duratura. Per me, infatti, è essenziale trovare dei partner con cui esista un’autentica comprensione reciproca, persone con cui condividere davvero la stessa visione creativa e che, parlino la mia stessa lingua (in senso metaforico), perché solo così si può creare qualcosa di realmente significativo.

Autore: Till Antonio Mola

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