È una storia fatta di musica e di affetti famigliari quella del Professor Alberto Giacometti, direttore dell’Orchestra di cura di Merano: la storia di un veneziano che approdò a Merano nel 1935 dopo aver vinto il concorso per far parte dell’Orchestra di Cura allora diretta dal conte Gravina.
Pianista, organista e violinista, Alberto Giacometti era stato violinista di spalla nell’Orchestra del Teatro La Fenice, aveva suonato all’Arena di Verona, al Carlo Felice di Genova, al Teatro Regio di Parma, ma anche in Germania e in Danimarca.
Fu fra gli orchestrali di Merano quando nel 1939 l’Orchestra di Cura, composta di 42 elementi, si congedò dal suo numeroso pubblico, licenziò i suoi musicisti e chiuse i battenti. Giacometti allora suonò di tutto ed ovunque pur di assicurare un pasto alla sua famiglia. Dopo l’8 settembre 1943 per evitare la prigionia riuscì a farsi assumere alla Montecatini di Sinigo e vi restò fino al 1949 quando l’Orchestra di Cura ricominciò a suonare sulle passeggiate.
Nell’agosto del 1957 il Consiglio direttivo dell’Azienda di Cura e Soggiorno lo nominò direttore dell’Orchestra. L’annuncio fu dato entusiasticamente da tutti i giornali regionali e dal Gazzettino di Venezia. Gli articoli spiegavano come il maestro Giacometti, stimato ed apprezzato da tutti i colleghi, facendo parte da più di vent’anni dell’Orchestra di Cura e conoscendone perfettamente le finalità, le necessità e l’ampio repertorio, era davvero la persona giusta per condurla e per portarla agli alti livelli di un tempo.
Egli seppe lottare quotidianamente con le difficoltà organizzative, i limiti economici, un pubblico difficile e variegato. Direttore stimato sapeva trarre il meglio da tutti i suoi orchestrali e alla fine del suo primo anno di dirigenza i giornali non poterono che registrare un notevole incremento di pubblico che fu sottolineato anche dall’Alto Adige in un articolo dell’11 settembre 1957: “Le Passeggiate, dove giornalmente si tengono i concerti dell’Orchestra di Cura diretti dall’ottimo maestro Giacometti, sono più frequentati del solito da un pubblico colto ed elegante”.
In un articolo apparso sul Dolomiten nel 1966 un critico musicale che si firmava con la sigla SP di lui ebbe a scrivere: “Il maestro Giacometti è un musicista moderno nel miglior senso interpretativo che nell’azione esecutiva nulla ‘intromette’ ma invece, grazie alla realizzazione dei vari rapporti musicali interiori, tutto sa ricavare di ciò che un’opera musicale contiene. Sulla base di questo vigore dinamico interiore egli mette in massimo rilievo tutte le frasi musicali con una interpretazione fulgida nei vari tempi, che esprimono sempre la proporzionata intensità in una unità architettonica di perfetto equilibrio”.
Il consenso del pubblico e le sue doti fecero sì che di anno in anno egli fosse riconfermato nel suo ruolo fino al 1969, quando il 26 luglio, durante un concerto si accasciò, piegando il capo su quel pianoforte con il quale appassionatamente stava rievocando le atmosfere del Don Pasquale di Donizzetti, stroncato da un infarto.