È sera, fuori nevischia, la pioggia ha il sopravvento. È troppo bagnato affinché quei fazzoletti attecchiscano. Solo una decina di anni fa avremmo fatto il pieno di neve a tutte quote. Invece, oggi, siamo qui a fare i conti della serva per individuare lo zero termico, che non è altro che confine tra gioia e malumore; esso dipende sempre da svariate variabili, tuttavia questo limite può abbassarsi di quota, da quella inizialmente prevista, grazie all’intensificazione delle precipitazioni e, soprattutto, al progressivo raffreddamento da fusione (la fusione dei fiocchi di neve sottrae calore all’aria circostante diminuendone la temperatura). In quest’epoca malata dal diossido di carbonio certo è che, in media, la quota neve nell’hotspot mediterraneo è lievitata smisuratamente rispetto agli anni Ottanta. Per hotspot si intende una regione dove effetti fisici ed ecologici forti del cambiamento climatico si riverberano su comunità umane e sulla Natura (tempesta Vaia); ergo, luoghi terracquei interessati da anomalie positive nel medio/lungo periodo. Pertanto l’hotspot deve considerarsi come indicatore climatico anziché meteorologico, anche se queste anomalie su larga scala influenzano poi drasticamente intensità e sequenze meteorologiche più o meno ravvicinate. È risaputo infatti che il riscaldamento globale non corre alla stessa velocità a tutte le latitudini. Le differenze tra queste zone possono essere molto marcate, come ad esempio l’anomalia negativa in atto sulla Scandinavia. Eppure se la maggior parte di ogni evento esordisce da connotati locali più caldi esso avrà a disposizione più energia e l’epilogo, se non riusciremo a stare al passo coi tempi, già lo conosciamo (esempi sono le due alluvioni in Romagna del 2023 ed il favonio a 230km/h di due settimane fa in Piemonte). È notte fonda, fuori nevischia, la pioggia ha ancora il sopravvento. Torniamo a noi, le centraline provinciali a fine evento hanno misurato 37.3mm a Salorno, 19.4mm a Bolzano, 13.7mm a Merano, 12mm a Brunico: solo quest’ultima, che giace a 838 metri di altitudine, ha visto un manto decoroso ammantare la città. In passato, come ribadito, sarebbe stata neve a tutte le quote, con la stessa proporzione tra mm di pioggia e cm di neve, a patto di una temperatura di 0°C e omotermia stabile (gradiente termico verticale nullo, quindi, una temperatura atmosferica costante nell’intero strato atmosferico, ovvero una colonna d’aria difficile da penetrare da richiami sciroccali). Insomma, una signora perturbazione vecchio stile gradita e attesa, ma sempre più rara con il passare degli anni, quella entrata nel Mediterraneo il 5/6 gennaio. Localmente per noi altoatesini, non s’è trattato di briciole, né di un evento epocale. Dalla finestra del fondovalle l’asfalto è sempre lucido e non ci sono accumuli nevosi. I lampioni della strada non mentono mai, ma questa è un’altra storia.
Donatello Vallotta