Quell’affresco “siciliano” a S. Maria del Conforto di Maia Bassa

Siamo nell’anno 1273 quando la chiesa di S. Maria del Conforto di Maia Bassa viene ceduta all’abbazia cistercense di Stams nel Tirolo austriaco. Non ne conosciamo il motivo, ma allora era usuale donare ai conventi le chiese più preziose presenti nel territorio, una sorta di dote nuziale fatta dai regnanti di allora. Quando l’edificio viene ceduto esso viene citato come “antico”, quindi si presume che risalga all’epoca della prima evangelizzazione del nostro territorio.
Il nucleo originario del complesso, infatti risale al periodo del protoromantico, una pianta di forma quadrata ad aula unica con una sola abside. Accanto ad esso viene innalzato il bel campanile romanico lombardo con bifore e trifore, manomesso in epoca successiva. Nella parte più antica della chiesa troviamo il ciclo di affreschi più antico e unico nella regione. O meglio, quello che ne rimane dopo l’alluvione del Passirio del 1347, che portò via gran parte degli affreschi.
Nell’arco trionfale sulla parete a sinistra troviamo la “ dormitio della Vergine”. E qui ci troviamo di fronte ad un mistero: cosa ci fa un affresco bizantino uguale a quello che troviamo a Palermo nella chiesa della Martorana, con lo stesso soggetto, la stessa composizione iconografica e gli stessi colori?
Quello di Palermo risale al 1143 – 48, quello di Merano è del 1150 circa. Gli apostoli vegliano sul sepolcro il corpo della Madonna, e Cristo sorregge in braccio il corpo neonato della Vergine, citazione di “figlia del tuo stesso figlio”. È da presumere che chi lo abbia dipinto fosse un pittore girovago, come accadeva in epoca medievale, oppure qualche cavaliere lo abbia visto in Sicilia, per recarsi in Terra Santa o lo abbia commissionato per la chiesa di Merano. Tale soggetto avrà un’impronta dirompente per tutta la pittura dell’epoca e tutti gli affreschi di quel periodo si ispireranno a esso.
La chiesa subirà modifiche a partire dal 1342, con nuovi cicli di affreschi e nuove strutture, fino ad assumere la forma attuale.

Autore: Flavio Schimenti

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