Sarebbe curioso sapere quanti ragazzi di Laives abbiano mai sentito parlare dello “stradon”. Probabilmente pochi, o forse nessuno. Invece fino agli anni ’70/’80 del secolo scorso quasi nessuno usava il nome ufficiale della via principale di Laives, si chiamasse Nazionale o, successivamente, J.F. Kennedy. Per la maggior parte dei laivesotti la via che dal tabaccaio “Sergio” (oggi “Barbon”), fino al dopoguerra capolinea del tram, conduceva in linea retta all’hotel Ideal e, dopo una semicurva, ai bar Defranceschi/Ravina e Nazionale/Manzana, era semplicemente “el stradon”.
Lo stradon era, in un certo senso, un territorio extraurbano che ospitava un avvenimento che nulla aveva a che vedere con la vita quotidiana del paese. Gli oziosi di allora raggiungevano la “piazza” o “crosara”, uno spazio comune del quale era rimasto solo il nome proprio per fare posto allo stradon – che in precedenza s’insinuava tra i muri a secco e le case in via D. Chiesa e Marconi – e sostavano per ore sul ciglio della strada o seduti sui gradini del “Caracristi” o, di fronte, del Consorzio Agrario. Lo spettacolo che andava in scena, specialmente da Pasqua ai Morti, era quello del transito di un cordone interminabile di colorate autovetture germaniche dirette al Garda o ai lidi adriatici, luoghi fantastici mai visitati dalla gioventù locale. Il traffico, in quegli anni di boom economico, era intenso, e si faceva in tempo a scrutare le facce straniere all’interno delle vetture che procedevano a passo d’uomo. Ogni macchina uno scambio di occhiate compiaciute, un commento salace, o, spesso, il gelo dell’indifferenza. Insomma, lo stradon era un nastro su cui transitavano, insieme alle ore vuote d’estate, sogni, visioni, storie di vite sconosciute. Questo enorme spettacolo conobbe il suo epilogo l’anno in cui entrò in funzione l’autostrada del Brennero. D’un colpo, lo “stradon” divenne una via paesana. Vi sistemarono perfino un semaforo, dove prima un autorevole vigile urbano indirizzava con gesti solenni le macchine teutoniche verso mete inesplorate. Eh già… Chi ancora si recava in “crosara” ora vedeva solo facce note, macchine di amici e conoscenti. Insomma uno spettacolino casereccio che nulla aveva a che vedere con il colossal di prima. Ma da dove prese il suo nome quella strada? Dobbiamo tornare indietro nel tempo di secoli, forse di un paio di millenni. Infatti questa via è antichissima e probabilmente non è mai stata abbandonata dal tempo dei Reti in poi. Ai piedi della montagna collegava, in alternativa al ramo della via Claudia Augusta d’Oltradige, Ora, Bronzolo, Laives, Sissa (Pineta), S. Giacomo e Pons Drusi. E proprio in epoca medievale, quando vi transitavano gli sfavillanti cortei degli imperatori germanici diretti a Roma, prese quel nome un po’ ridondante di “stradon” (tridentino).
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Autore: Reinhard Christanell