Un’epoca che per evidenti motivi ha segnato fortemente l’Alto Adige è quella del ventennio mussoliniano. Accanto al radicale cambio di indirizzo politico e amministrativo, anche in ambito economico e sociale i cambiamenti sono stati profondi e sconvolgenti. Basti pensare, per fare un solo esempio, alla proibizione della scuola tedesca e dell’uso di quella lingua in tutti gli ambiti pubblici introdotto già a metà degli anni venti.
Tuttavia in questa sede non ci occupiamo degli aspetti ampiamente risaputi di quel periodo ma soltanto di una notizia curiosa apparsa sulla stampa dell’epoca. Prendiamo infatti spunto da un articoletto comparso sul quotidiano di ispirazione fascista “Alpenzeitung”. A pagina 5, nella rubrica “Aus Bolzano Stadt und Land” (da Bolzano città e circondario), con il testo in tedesco ma tutti i nomi rigorosamente in italiano, spicca un articoletto che ci restituisce un quadro abbastanza fedele di quella che era la Laives dell’epoca. Nel pezzo si parla di un “Rapport des Fascio von Laives”, insomma della relazione annuale sull’attività del fascio locale. Scrive il cronista: “Ieri sera presso il dopolavoro ben adornato ha avuto luogo l’assemblea del fascio di Laives alla presenza del segretario federale Bellini, dell’ispettore di zona Maculan e del podestà Barone Altenburger.” Insomma, le massime autorità locali. Nel proseguire il cronista, riportando il discorso del segretario, ci dà delle informazioni sulle condizioni socio-economiche del paese: “Il segretario politico ha quindi illustrato lo stato nei campi, nelle numerose cave (importante ramo industriale del luogo), nella pubblica amministrazione (il bilancio comunale si è chiuso con un attivo di 30.000 lire), nei lavori pubblici (mezzo milione è stato speso per la scuola di S. Giacomo) e, anche, della grave disoccupazione. Ha infine esposto i desideri espressi dalla popolazione relativi ai prezzi (troppo alti) del biglietto del tram e del pagamento (sempre in ritardo) degli acconti ai produttori agricoli.” In particolar modo la disoccupazione di settanta persone e le misure a sostegno dei poveri sono state diffusamente trattate dall’oratore, come narrato dal cronista che riporta un altro dato interessante: “I soci del fascio sono passati dai 26 del 1932 ai 144 dell’anno successivo, i balilla da 45 a 181, le piccole italiane da 70 a 210”. Insomma, dopo un decennio, il fascismo aveva decisamente preso piede anche a Laives.
In foto principale: foto di gruppo a Laives negli anni Trenta
Autore: Reinhard Christanell