Illusion, il nuovo album di Manuel Randi

Un nuovo disco di Manuel Randi è sempre una sorpresa gradita, perché il chitarrista bolzanino non è uno a cui piaccia fossilizzarsi su un genere: Randi è un esploratore musicale, un musicista a 360° che ama la musica senza compromessi e quando si chiude in studio – per registrare un disco, che sia un disco di chitarra acustica, che sia un disco elettrico, suonato in solitudine o in compagnia dei fidati amici (questa volta il disco, intitolato Illusion, è accreditato al Manuel Randi Trio che si completa col basso di Marco Stagni e con la batteria di Mario Punzi) – non cede mai alla tentazione di scivolare nel virtuosismo fine a sé stesso, ma offre piuttosto dei paesaggi sonori che potrebbero essere delle micro colonne sonore, o anche un’unica, lunga soundtrack composta da vari temi che pur nella loro diversità suonano a meraviglia uno accanto all’altro.
“Durante il lockdown dell’anno scorso – ci racconta il chitarrista – ho avuto molto tempo per dedicarmi alla composizione, all’inizio avevo pensato di fare addirittura un CD doppio, infilandoci tutto, ma mi sono reso conto che non avrebbe funzionato, così mi sono concentrato su questo: la lavorazione è stata piuttosto lunga, anche se poi a registrarlo son bastati tre giorni, c’erano pochi soldi perché tutti eravamo fermi da mesi quando ci siamo ritrovati nello studio di Nartan Savona, a Merano, ed eravamo felici di riprendere. Siamo tutti professionisti della musica e non potevo chiedere ai miei compagni di venire a suonare gratis, per cui ci siamo venuti incontro reciprocamente. Sono molto contento del risultato finale, perché è come lo volevo, un disco in cui la chitarra è molto melodica, suonata come se fosse una voce e non come in un album di chitarra. E riascoltandolo mi soddisfa, sento di aver centrato l’obiettivo che mi ero prefissato. Avere musicisti come Mario e Marco per me è un onore, oltre al fatto che non serve dir loro cosa devono fare! Sono perfetti, suonare con loro è come stare in paradiso. Ma oltre al loro lavoro sono stati altrettanto fondamentali Nartan con i suoi consigli, Christa Flora che ha curato il concept grafico, Tiberio Sorvillo che ha fatto le foto e Wolfgang Spannberg, responsabile del master”.
Una voce: la Fender Stratocaster di Randi è in effetti proprio come una voce in questo disco, e le composizioni, più che composizioni per chitarra si adattano di più alla definizione di canzoni. Canzoni prevalentemente elettriche, ma nei vari brani la Strato s’interseca talvolta più, talvolta meno con le voci delle varie chitarre acustiche inserite nella struttura delle canzoni. 

Da sinistra: Mario Punzi, Manuel Randi e Marco Stagni


“Le cose che scrivo – prosegue Randi – in realtà sono sempre canzoni, anche nei dischi precedenti. Ma una canzone suonata sulla chitarra classica con tutto l’arrangiamento è più una piccola composizione. Con l’elettrica ci sono altre possibilità, un po’ come un violino,  e in questo senso sì, è proprio come una voce. A me piacciono molti generi, mi piace il flamenco, mi piace il jazz, tutta la musica, però i miei esordi sono stati rock, indubbiamente. Il mio primo modello e maestro è stato Fabio Tenca degli Skanners. E poi mi piace tanto il formato canzone, per rimanere nel nostro ambito ultimamente sono rimasto molto colpito dall’ultimo disco di Gabriele Muscolino”. 
Di canzoni e musica buona, in Illusion ce n’è per tutti i gusti, ma non in maniera furbetta, piuttosto perché Randi, da profondo conoscitore di suoni e stili, ama mescolare: abbiamo così i suoni surf del brano d’apertura intitolato Buenos Aires, le citazioni gipsy di One For Matelot, gli incanti melodici di Per una carezza e La bella addormentata, le atmosfere da fuga bachiana (ma in odor di metal) dell’immensa Passacaglia. E che dire di un brano come Il Carnevale che si libra in suggestioni latine rafforzate dalle percussioni dell’ospite Max Castlunger o dell’omaggio tributato al grande Albert Lee con l’indiavolata Alban’s Bluegrass? Un po’ come se ogni canzone fosse un bandolo differente che si va però a riavvolgere magicamente alla stessa matassa, il CD si chiude con Django Chained (evidente rimando ai suoni cari a Quentin Tarantino), che si riallaccia alle suggestioni surf di quello con cui il disco era cominciato, solamente virate verso un suono più trash e sporco.
“Ma non è tutto – conclude Manuel – sto già ovviamente pensando al nuovo lavoro, che sarà un lavoro acustico, con chitarre ma anche mandolini, con rimandi folk. Comunque ora l’obiettivo è riuscire a portare in giro questo: le cose stanno ripartendo, ci sono concerti in vista nel corso dell’estate, ma mancano le certezze riguardo al futuro. Ora sappiamo che non c’è nulla di scontato”.

Autore: Paolo Crazy Carnevale

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