Mario Capecchi: il ragazzo di strada della “Bassa” che vinse il Nobel

È Egna il set del nuovo film di Roberto Faenza, “Resilient”, biopic sulla storia di Mario Renato Capecchi, vincitore nel 2007 del Premio Nobel per la Medicina, la cui incredibile storia ha inizio proprio in Bassa Atesina. Da bambino, infatti, dopo la deportazione della madre, Mario Capecchi si era ritrovato a vivere la strada in diverse città del Nord Italia. Una storia che va, come lui stesso disse, “dagli stracci alla ricerca”.

Chi era Mario Capecchi?
Capecchi nacque a Verona nel 1937 e la sua vita fu complicata fin dai primi anni: perse infatti il padre, Luciano Capecchi, chiamato alle armi in Libia durante il periodo del colonialismo fascista in quanto pilota dell’Aeronautica militare, e fu allontanato dalla madre, Lucy Ramberg, che dopo la morte del marito si era trasferita in Alto Adige (a Costalovara, sull’altipiano del Renon) ed era una poetessa e attivista del gruppo Bohemiens, arrestata dalle SS come prigioniera politica nel 1941 e in seguito deportata nel campo di prigionia nazista di Dachau. Prima dell’arresto, ha raccontato Capecchi in un’intervista rilasciata alla giornalista Carina Dennis, la madre aveva venduto tutti i propri averi per assicurare al figlio le cure di una famiglia di contadini sudtirolesi; ma i soldi inspiegabilmente finirono e pochi mesi dopo, a soli quattro anni, il piccolo si ritrovò a vagabondare senza una casa in Bassa Atesina. Questa intervista è uscita nel 2004 su “Nature”, ed è intitolata “From rags to research” (“Dagli stracci alla ricerca”): “Il mio messaggio è che chiunque, in qualunque circostanza, può farcela”, spiega Capecchi, raccontando anche di come si ritrovò a dover mendicare e rubare assieme ad altri piccoli gruppi di bambini. Fu allora che nella sua storia accadde qualcosa di incredibile: alla fine della guerra la madre venne liberata e, dopo un anno, riuscì a ritrovarlo. Nel 1946 si imbarcarono e attraversarono l’Oceano alla volta degli Stati Uniti. Ad aspettarli, lo zio di Capecchi, Edward Ramberg, professore di fisica. 
Trovata la pace, Capecchi crebbe e a nove anni iniziò le scuole elementari, senza sapere l’inglese, né leggere, scrivere o fare di conto. Nonostante i suoi insegnanti sostenessero che non sarebbe mai potuto andare al college, intraprese un percorso di studi universitari, prima al MIT di Boston e poi a Harvard. Nel 1967 conseguì il Dottorato di Ricerca all’Università di Harvard, studiando sotto la supervisione di James D. Watson, il biologo che – con Francis Crick, Maurice Wilkins e Rosalind Franklin – scoprì la struttura della molecola di DNA. L’Enciclopedia Britannica riporta che Capecchi iniziò a lavorare alla ricerca sul ‘gene targeting’, che nel 2007 l’avrebbe portato a vincere il Nobel, nel 1980. 

L’incontro con la sorella
Ma la storia di Capecchi, e il suo legame con l’Alto Adige, non finisce qui. Due anni dopo la nascita di Capecchi, la madre aveva dato alla luce la figlia, nata da una seconda relazione: Marlene Boneli, la sorellastra di Mario. E quando, nel 2007, Capecchi vinse il premio Nobel, la sorella (che a lungo aveva lavorato come casellante nel nord Tirolo) lo riconobbe in televisione e sui giornali. Fu il preciso lavoro di Isabelle Hansen, giornalista del Dolomiten, quotidiano locale in lingua tedesca, che permise a Marlene e Mario di incontrarsi di nuovo. Marlene sapeva di avere un fratellastro, e sapeva che la madre era stata deportata, ma era convinta fossero morti. Entrambi – Capecchi e la sorella – avevano cercato informazioni sulle proprie origini e sulle sorti dell’altro, ma senza fortuna. Dopo molti anni, finalmente, si sono potuti rincontrare, proprio qui, in Alto Adige.

Il regista e il film 
Roberto Faenza aveva già lavorato in Trentino-Alto Adige. È del 2014 il suo “Anita B.”, con Eline Powell e Robert Sheehan, girato per lo più tra Fortezza, Egna, Bolzano e Merano. Il regista ha all’attivo oltre venti pellicole. Meritano senz’altro di essere ricordate, oltre a “Sostiene Pereira”, tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Tabucchi e con Marcello Mastroianni, anche “Jona che visse nella balena”, “Prendimi l’anima” e “Un giorno questo dolore ti sarà utile”. Nel cast del nuovo film, tra gli altri, anche Francesco Montanari e Tonino Tosto.

LA VITA E IL FILM, IN BREVE
Mario Capecchi nacque a Verona nel 1937. Suo padre fu un pilota e sua madre una poetessa e un’attivista del movimento Bohemiens. Quando Capecchi era piccolo, la madre, Lucy Ramberg, venne deportata a Dachau. Trovatosi solo e in povertà, nonostante fosse ancora bambino Capecchi fu costretto a vagabondare e trovare modi per sopravvivere tra le strade di Bolzano e della Bassa Atesina, proseguendo fino all’Emilia-Romagna. Dopo la fine della guerra la madre lo ritrovò e insieme raggiunsero l’America, dove Capecchi poté studiare, conseguendo un dottorato di ricerca sotto la supervisione di James Watson. Nel 2007, vinse il Premio Nobel per la Medicina e, dopo molti anni, rincontrò la sorellastra, Marlene Bonelli, in Alto Adige.
A Egna, il regista Roberto Faenza sta girando il suo nuovo film, “Resilient”, basato sulla biografia di Mario Capecchi. Roberto Faenza ha già lavorato in Alto Adige. “Anita B.”, un suo film del 2014, venne girato prevalentemente tra Bolzano, Fortezza, Egna e Merano. L’uscita del film è prevista per il 2021.

Autore: Alex Piovan

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