Charles Windbreaker, produttore cinematografico britannico, era in vacanza in Alto Adige cercando refrigerio grazie ad un ghiacciolo gusto Ötzi all’ombra di un platano secolare. D’improvviso il cielo si è coperto di nuvole nere e Charles si è trovato in mezzo ad una delle tradizionali tormente estive locali. Il platano è caduto davanti ai suoi occhi e qualche tetto ha iniziato a volare. Una volta trovato riparo dalla grandine grande come palle da tennis Charles ha avuto un intuizione: realizzerà uno Spin-off di Mary Poppins che avrà come protagoniste il gruppo di tate volanti. Si cercano comparse: preparate gli ombrelli!
Autore: Luca Masiello
Estranei #1
Il termine alloctono dal greco àllos “altro”, e chthòn “suolo/terra”, indica la non appartenenza di qualcosa o qualcuno al luogo di residenza. È l’essere umano nato altrove dal luogo in cui vive, e che antropologicamente chiamiamo straniero. Nessun collegamento con la storia di Meursault che Albert Camus ci ha lasciato in eredità; manco il passaggio dalla lingua latina a quella volgare, fino a quelle parole con derivazioni etimologiche antiche e straniere attualmente in uso nei dialetti e nell’italiano; nemmeno con l’arricchimento culturale che genti e popoli migranti nel nostro Paese hanno rappresentato e rappresentano; neppure di ricchezze storiche sopravvissute alle epoche, quando l’italica terra ne era dominata, e la cui espansione era evidenziata sulle cartine dei libri di storia in rosso o in blu. Frattanto che il caldo umido ci fa boccheggiare, rendendoci insonni persino le notti, e che i meteorologi delineano sulle mappe durante le previsioni – con gli stessi colori degli imperi -, il nostro compito, se così si può chiamare, è quello di prestare attenzione ai fronti temporaleschi attesi sulla fascia alpina, prealpina, pedemontana e sulle pianure a Nord del fiume Po, perché si tratterà di eventi localmente pericolosi. Se in passato l’attenzione ai rischi veniva attuata come una sorta di salvaguardia del futuro raccolto da chi abitava in campagna e coltivava la terra, per non trovarsi poi con un pugno di mosche in mano, oggi, anche i cittadini sono chiamati a mettere in pratica un più alto senso di responsabilità di fronte a questi eventi catastrofici. Si tratta innanzitutto di non sottovalutare mai le allerte emanate degli Organi ufficiali preposti e di comportarsi con prudenza per evitare guai peggiori e di agevolare lo spirito di sacrificio dei soccorritori; non di meno, al contempo, dimostrare comprensione se un’allerta meteo data per certa poi magari non si verifichi. Recentemente nella zona di Bressanone, tra Veltuno, Scalares e Funes sono caduti chicchi di grandine dal diametro di 9cm, una novità assoluta per le nostre lande. Certo potremmo considerare questi promontori fantasiosamente alloctoni, o estranei alle nostre latitudini, ma le tempeste che si generano e dei danni prodotti è palpabile. Masse d’aria che di solito stazionano sopra il deserto ed invece ce le ritroviamo sopra la Penisola, con una temperatura in libera atmosfera, a 850hpa (1500 metri), fino a 24°C al Nord, tra 26°C e 28°C al Centro Sud e quasi a 30°C sulle Isole; con una frequenza, rispetto agli anni ’50, ora abituale. Se ci pensiamo bene sono valori folli, proprio perché a quell’altitudine il valore non è influenzato dal calore del suolo. Si tratta di caldo maltempo per ridurre all’osso il concetto, e per gli studiosi del clima di un fenomeno grave quanto dannoso per l’uomo e la natura. Ma il confine tra autoctono e alloctono è sempre flebile, specie a causa della nostra capacità di memoria, della superficialità, o per i nostri interessi, materiali contro spirituali, economici contrapposti a quelli ambientali ed ecologici, la cosiddetta salute.
Donatello Vallotta
Timbreroots: armonizzazioni e suoni cristallini
Si sono formati poco prima che la pandemia bloccasse l’intero pianeta, sono giovanissimi e propongono un genere musicale fresco e geniale, difficile da incontrare alle nostre latitudini, dove solitamente hanno vita più facile rockettari incalliti, cantautori, jazzisti e cover band.
Eppure, quella dei Timbreroots, un quintetto di base nella Bassa Atesina, sembra essere una scommessa già vinta, nonostante abbiano cominciato a venire allo scoperto appena un paio d’anni fa, non appena le restrizioni pandemiche si sono allentate.
Le buone carte di questi cinque ragazzi sono diverse, ma se dobbiamo dire quale sia il loro punto di forza non ci sono dubbi, le armonie vocali a quattro o cinque sono davvero senza precedenti da queste parti.
Lo scorso primo luglio, nel corso del concorso nazionale Music 4 the Next Generation, si sono aggiudicati un meritatissimo secondo posto, preceduti dal Lorenzo Bellini Quartet.
“Si tratta di un concorso molto interessante – ci racconta Thomas Vicenzi, bassista della formazione nonché baritono basso – ai gruppi partecipanti viene assegnato un brano di musica classica da arrangiare e proporre in chiave moderna secondo il proprio stile, a noi è toccato in sorte La follia, un brano originariamente barocco che abbiamo convertito in Madness e a cui abbiamo abbinato un testo originale che affronta il tema della follia in cui versa il mondo attuale. L’arrangiamento è venuto fuori in cinque quarti, molto particolare, con l’uso di strumenti come banjo e marimba”.
I Timbreroots sono tra i sedici gruppi sopravvissuti alla preselezione e hanno presentato il loro brano nella semifinale tenutasi a Verona, accedendo quindi alla finalissima che si è svolta a Trento con una giuria superstar composta da Malika Ayane, Gegè Telesforo e Alberto Martini.
Senza concedersi troppo riposo, una settimana dopo il gruppo (che è composto oltre che annovera oltre a Thomas anche da Benedikt Sanoll, voce solista e chitarra, Philipp Sanoll, tenore, batteria e percussioni varie, Sebastian Willeit, tenore, chitarre e banjo e il pianista e baritono alto Simon Oberrauch) si è esibito a Collalbo nell’ambito dello storico festival Rock Im Ring.
Un anno quindi del tutto a pieno ritmo, visto e considerato che a gennaio i Timbreroots hanno anche pubblicato il loro primo disco, un bel CD composto da dodici brani originali che mescolano i diversi stili a cui si ispirano, con una particolare predilezione per rock e folk di matrice indie.
“Ci piacciono molto Coldplay e Mumford & Sons – prosegue Thomas Vicenzi – ma soprattutto, a livello di armonizzazioni vocali ci rifacciamo molto alla musica corale di matrice classica. I brani sono scritti quasi esclusivamente da Benedikt: lui ha una formazione come vocalista jazz, ma tutti abbiamo studiato musica a livello scolastico e anche all’università”.
E non c’è che dire, ascoltando il loro disco, Numen’s Dreams (i sogni della divinità), si percepisce totalmente che siamo alla presenza di ragazzi assai dotati e preparati, con una strumentazione essenziale e senza contare su collaborazioni esterne, i Timbreroots hanno registrato il disco in una sperduta località austriaca, complice il fatto che tutti studiano a Innsbruck. Le composizioni sono ariose, mai cupe, talvolta dominate da melodie e ritmi che invitano alla danza, talaltra più riflessive, ma sempre elaborate cin cura e garbo. Inoltre, da non sottovalutare, c’è il fatto che anche a livello di liriche emerge chiaramente la volontà di non dire cose scontate, come è chiaro fin dalla prima traccia del CD, Lets Give The A Chance, un piccolo inno all’inclusività, senza barriere dovute al colore della pelle, allo stato sociale, all’età.
“È così che ci piace pensare debba essere la nostra musica – conclude Vicenzi – una cosa diretta a tutti coloro che vogliono esserne coinvolti: è anche il senso del nome che ci siamo dati, l’unione tra il timbro musicale e le radici musicali di ciascuno, quali che esse siano”.