La marcia degli Schützen si inciampa sul rap

Sorprendendo molti nei giorni scorsi il comandante degli Schützen sudtirolesi Jürgen Wirth Anderlan ha pubblicato su youtube un videoclip in stile rap che ha suscitato moltissime reazioni. Nel giro di poco il Kommandant è stato costretto alle dimissioni e il video è stato ritirato. Ma noi giornalisti QuiMedia abbiamo pensato di prendere posizione in merito, con un commento a sei mani che vi proponiamo.

Con la realizzazione del brano Mamma Tirol il comandante Anderlan con ogni probabilità si era posto l’obiettivo di richiamare i valori, attualizzando nel presente il catalogo dei disvalori e dei nemici. Ma la lista con ogni probabilità è risultata troppo estesa e articolata, spingendo troppo il piede sul pedale della provocazione. Particolarmente azzardato è apparso in particolare il richiamo alle radici cristiane, attraverso una professione religiosa per lo meno “svuotata”, visto il contesto di “chiusura” quasi totale. Ma a mio avviso la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la musica. L’idea di accostare gli Schützen a una musica “altra” rispetto alle marce delle Musikkapellen deve aver innescato un cortocircuito insanabile. Insomma: anche in musica esistono dei limiti che non vanno superati nella declinazione della tradizione in un contesto di modernità, altrimenti si inceppa il meccanismo. 

Autore: Luca Sticcotti

Ma lo sanno dov’è nato l’hiphop?

…ma c’è almeno un altro “chissà”. Se per quanto riguarda lo stile “Mamma Tirol” è senz’altro un pezzo rap (benché qualitativamente scadente e senz’altro poco al passo coi tempi), ci si potrebbe chiedere quanto rimanga, in un brano come questo, della storia del genere musicale di riferimento. Mentre si ascolta un testo separatista come quello di “Mamma Tirol”, infatti, fa quantomeno sorridere (ma amaramente) pensare a come, quando e dove ha avuto origine il movimento hiphop, a cui il rap appartiene. E allora chissà se gli autori – così legati alla “tradizione” – sapevano che il rap, oggi in cima alle classifiche, è nato nel 1973 nel Bronx, facendo propria l’eredità della black music e dei canti dei neri nelle piantagioni e offrendo un’alternativa alla violenza e un megafono alla parte più povera e invisibile della società; raccontando una situazione di disagio per rivendicare il diritto al suo contrario, così come l’importanza dell’unità e della vicinanza sociale; e dando origine a quello che venne definito “edutainment”, l’intrattenimento educativo. Verrebbe da rispondere di no.

Autore: Alex Piovan

Papi, che cosa sono gli Schützen?

“Papi, che cosa sono gli Schützen?”, mi chiede il mio bambino mentre in famiglia stiamo parlando del rap dei cappelli piumati. Gli snocciolo storia e folklore di questa associazione, stupendolo. Poi passo alla parte “politica”, e il motivo per cui mamma e io non apprezziamo quel video. “Ma se loro vogliono solo il Tirol, dove vanno al mare?”, è la sua prima reazione. Beata innocenza, beata quell’intelligenza che nasce dalla spontaneità di una mente pura. Perché i bambini non mentono, a se stessi né agli altri; i bambini non odiano, i bambini non vedono colori e differenze, i bambini apprezzano le diversità, se qualcuno riesce a spiegargliele. I bambini non hanno paura, gli adulti hanno paura. Ed è paura quella che trapela dal testo dello Schützen-rap: paura del diverso, che sia esso un Walsch, un sudtirolese traditore della Heimat, un nero, un musulmano o un omosessuale. Paura di perdere le proprie radici, che ancora non si riesce a capire quali siano. Perché anche solo leggendo il testo di questo pezzo è difficile trovare una coerenza o almeno una logica fra le parole che lo popolano. 
Ce l’hanno con tutti: si dichiarano democratici e cristiani, ma il loro amore per il prossimo sembra sbattere contro una barriera quando incrociano gay o ambientalisti: “non conoscono Ander, ma Greta, e davanti a casa mia Dieter ama Peter”, cantano. “Non siamo razzisti né populisti di sinistra, e odiamo tutti i neofascisti”, continuano. Poi le donne, oggetti decorativi che è meglio lasciare a casa a fare i mestieri, nel migliore dei casi, e addirittura gli studenti, “die  Studierten”, “die Gscheiden”, quelli non hanno mai lavorato in vita loro e poi si ergono a profeti, un po’ come “i professoroni” di salviniana memoria, insomma. 
Democratici e cristiani. Chissà cosa ne penserebbe Gesù, a riguardo; chissà cosa ne penserebbe don Sturzo nel sentire queste due parole affiancate pronunciate… da loro! 
“Mamma Tirol è un progetto nato da una grande ispirazione, creatività e tre bottiglie di Lagrein Riserva, che porterà i nostri fan a ballare sui tavoli”, scrivono gli Schützen sul loro sito istituzionale, e poi citano una canzone della band “Oi!” Böhse Onkelz:  “Dove genio e follia si combinano / Le parole non puzzano di bugie”.  
Chissà, forse la parte geniale del tutto sarà che da qualche parte balleranno davvero sui tavoli quando qualcuno intonerà questo rap. E chissà se questi si sentiranno dei geni mentre lo faranno…

Autore: Luca Masiello

Niko Fyah Rastaman

Nicola Gasperi, in arte Niko Fyah, lavora da una decina di anni come collaboratore all’integrazione nelle scuole di Merano con grande soddisfazione personale. Nel tempo libero coltiva una grande passione: la musica. Suona la chitarra e il basso ed è molto conosciuto nella scena reggae locale. 

La cosa che mi piace di me. 

La pazienza e la consapevolezza che cerco di mettere in quello che faccio. 

Il mio principale difetto.

La pazienza e l’ansia che mi prende in determinate situazioni. 

La volta che sono stato più felice.

Quando è nata mia sorella.

La persona che ammiro.

Mia sorella.

Un libro da portare sull’isola deserta.

“Radici” di Alex Haley.

L’occupazione preferita.

Suonare reggae e preferibilmente live.

Il paese dove vorrei vivere.

Casa mia.  

Il piatto preferito.

Pizza e Paella (da mangiare in Spagna).

Non sopporto.

L’arroganza, l’incoerenza il discutere senza senso.

Per un giorno vorrei essere…

Un musicista di una backing band per vari artisti del Reggae Sunsplash Jamaica o del Rototom in Spagna. 

Nel mio frigo non manca…

Pane, latte e birra.

Mi sono sentito orgoglioso quando…

quando ho vinto l’Italian Reggae Contest con il gruppo “Myztic Lion and the Juggernaut Nation”. 

Il mio motto.

“Don’t worry about the thing, ‘cause every little thing gonna be alright“. 

Il giocattolo che ho amato di più.

Un pupazzo a forma di panino, uno di coniglietto, e il pallone da calcio. 

I miei artisti preferiti.

La lista è lunghissima, ma dico Bob Marley per l’influenza che ha avutosulla mia vita. 

La qualità che preferisco in una donna…

La gentilezza e il rispetto.

…e in un uomo.

La gentilezza e il rispetto.

Dove mi vedo fra dieci anni.

Spero di fare bene e con piacere il mio lavoro, e magari di togliermi qualche soddisfazione con la musica.

Il colore che preferisco.

Il verde.

L’ultima volta che ho perso la calma.

Ogni settimana.

Da bambino sognavo…

Di diventare un calciatore.

Autore: Francesca Morrone

“La musica è terapia”

Luca Ghinato è un musicista, compositore, polistrumentista e insegnante di Merano. Suona per strada la chitarra acustica e l’irish bouzouki, proponendo un repertorio di musica celtica, folk e medieval, e a volte le sue esibizioni sono impreziosite dalla presenza di sua moglie alla voce in duo acustico. Collabora con diversi insegnanti yoga per eventi speciali, nei quali accompagno dal vivo le pratiche, ed esegue trattamenti sonori con le campane tibetane.

La cosa che mi piace di me.

La tenacia e la determinazione.

Il mio principale difetto.

Cercare di andare d’accordo con tutti.

La volta che sono stato più felice.

Quando sono nati i miei figli e il giorno del mio matrimonio.

La persona che ammiro.

Mia moglie Roberta.

Un libro da portare sull’isola deserta.

“Nelle terre selvagge”.

Il piatto preferito.

La zuppa di pesce.

Non sopporto…

Le frasi fatte, i preconcetti  e I luoghi comuni. Perchè limitare la realtà? Tutto può essere.

Per un giorno vorrei essere…

Uno scienziato con una macchina del tempo.

La mia paura maggiore.

Non essere più in grado di sognare, desiderare e amare.

Se fossi un animale sarei…

Non un animale ma un ominide: l’uomo di Neanderthal, ci assomiglio parecchio.

Il mio motto.

Crederci sempre, non arrendersi mai.

Il giocattolo che ho amato di più…

Il mio orsacchiotto Pippo che è ancora intero, anche se con un bottone al posto dell’occhio.

I miei artisti preferiti.

Queen, Iron Maiden, J.S.Bach, Steve Baughmann, Joe Satriani.

La qualità che preferisco in una donna.

Positività, intelligenza, profondità.

…e in un uomo.

Umiltà, profondità, lealtà.

Dove mi vedo fra dieci anni…

Con mia moglie su un furgone camperizzato, in giro per l’Europa a fare I musicisti di strada e visitare nuovi e interessanti luoghi. Considerando i figli, credo proprio che dovremo aspettare un po’…

Da bambino sognavo…

Di diventare un calciatore professionista.

Autore: Francesca Morrone