I parassiti #3

Aleurodidi (farfalline bianche o mosche bianche): insetti di 1-3 mm. Il loro corpo è ricoperto da un sottile strato di pruina cerosa simile alla farina. Si annidano, solitamente, nella pagina inferiore delle foglie nutrendosi della linfa. Causano ingiallimenti e indeboliscono le piante fino a farle morire. Colpiscono cavoli, melanzane, pomodori, angurie, meloni e cetrioli, ma anche piante ornamentali. Le farfalline compiono parecchie generazioni all’anno, con cicli variabili in base alle temperature. Sono molto aggressive per le piante ospiti. Difficile difendersi per il susseguirsi delle nascite e per l’accavallamento dei vari stadi di sviluppo. Producono la melata, che ricopre le foglie di una pellicola appiccicosa, che non fa respirare i tessuti. I macerati ed il piretro naturale sono del tutto inutili. Sconsiglio tuttavia di ricorrere al piretro chimico a base di piretroidi, deltametrine, cipermetrine, pymetrozine e imidacloprid o ad altri insetticidi sistemici.
Rimedi: 1) La contromisura naturale si attua con l’impiego di parassitoidi oofagi specifici, come l’imenottero Encarsia formosa (anche fuori serra); 2) Insetticida biologico Botanigard 22wp a base di spore di Beauveria bassiana; 3) Olio bianco invernale e olio minerale bianco estivo, che agisce per soffocamento: diluire 5 ml di olio minerale in 500 ml di acqua, agitare bene e vaporizzare tramite spruzzino esclusivamente la sera, dopo il tramonto, lontano dagli insetti impollinatori – Carenza per l’uomo: minimo 20 giorni. Fondamentale: non utilizzare il prodotto su piante in fiore!
Tuta Absoluta (minatrice o tignola fogliare), approdata in Spagna nel 2006. Questo lepidottero si insinua abilmente tra le pagine della foglie, creando delle vere e proprie gallerie molto lunghe chiamate “mine”. Compie sette/otto generazioni all’anno, specie nel sud Italia, ma è presente su tutto il territorio. I danni sulle pagine superiori sono visibili a occhio nudo, mente le larve si rintanano nei lati inferiori e sempre all’interno delle foglie.
Questa caratteristica rende difficile ogni tipo di controllo tramite macerati e insetticidi (sistemici esclusi). Sui balconi la tuta si limita a colpire le foglie, mentre in serre e campi coltivati è già capitato che le larve più mature si concentrino sui frutti, determinando blocchi di crescita e di invaiatura, marciumi e malattie fungine. Colpisce soprattutto pomodori, agrumi, ulivi e viti.
Rimedi: 1) rimozione manuale delle foglie colpite; 2) rete anti insetti, a maglie strette; 3) confusione sessuale tramite appositi feromoni (nelle serre); 4) trappole cromotropiche di colore nero (nelle serre); 5) trappole a elettroluminescenza, che però non sono selettive e che uccidono anche insetti utili; 6) Bacillus thuringiensis (varietà kurstaki e aizawai), un insetticida biologico a base di batteri sporigeni estremamente selettivi in grado di uccidere esclusivamente le larve di lepidotteri, non quelli adulti. È totalmente innocuo per gli impollinatori e anche per le coccinelle. Carenza per l’uomo: 3 giorni.

Autore: Donatello Vallotta

I Parassiti #1

Dopo due decadi di un giugno tanto fresco quanto perturbato, che ha fatto prosperare nevai, foreste e molti di noi, l’estate astronomica è alle porte. I minimi barici restano confinati oltralpe e chi abita a ridosso dello spartiacque alpino, oltre al gran caldo, deve sorbirsi pure il favonio. Un vento di caduta mite e secco che inibisce la nascita dei funghi, modella le nuvole in nubi lenticolari e mostra delle latifoglie il verso chiaro. Con queste condizioni anche le nostre piante del BalconORTO soffrono le folate aride: il terriccio si asciuga, le foglie si afflosciano, i fiori si seccano. Inizia lo stress idrico. Le piante così indebolite sono soggette ad attacchi parassitari, fungini e di varie malattie. Diagnosi che possono peraltro manifestarsi anche in condizioni diametralmente opposte, magari dopo piogge abbondanti e umidità stagnanti. Dimensioni dei vasi, esposizioni, annaffiature, consociazioni, ph del terriccio, ammendanti sono certo i primi passi verso una corretta gestione delle colture, ma non esiste garanzia di salute totale nonostante le nostre premure. Va da sé, naturalmente, affidarsi a metodi il più possibile naturali escludendo la chimica, fin troppo presente nella coltivazione tradizionale e nella distribuzione agroalimentare.
Queste puntate saranno pertanto incentrate, come utile compendio, in patologie e rimedi.
NOTA: il tempo di carenza (o intervallo di sicurezza) è il numero minimo dei giorni che deve intercorrere tra la data del trattamento e la data di raccolta degli ortaggi, prima di essere lavati e messi in tavola.

Afidi (pidocchi delle piante o gorgoglioni): questi insetti fitomizi, che si nutrono succhiando la linfa, sono lunghi da 1 a 4 mm e sono di vario colore: giallo, verde, grigio, marrone, nero. Alcune varietà di afidi hanno le ali, altre ne sono sprovviste. Solitamente l’afide nero aggredisce sia le parti epigee (cioè quelle fuori dal terreno), sia quelle ipogee (le radici) della pianta, mentre tutti gli altri solo le parti epigee. Colonizzano foglie, rami, e frutti, trasmettono forme virali da pianta a pianta. Si sviluppano molto velocemente e in colonie numerose. Esiste comunque un indizio, che potrebbe permettervi di individuare la presenza degli afidi, quando ancora non è massiccia: le formiche! Se notate spesso delle formiche intorno ai vostri ortaggi, ai vostri vasi è probabile che presto compariranno anche gli afidi. Le formiche infatti vivono in simbiosi con questi parassiti: trasportano le larve di afide sulle piante e le allevano, nutrendosi della sostanza zuccherina – la melata – che i parassiti secernono.
Rimedi: 1) rimozione manuale 2) 5 g di sapone di Marsiglia a scaglie in 500 ml di acqua. Irrorare la sera tramite spruzzino, poi ogni mattina risciacquare solo con acqua. Ripetere per 3 sere o più, in base al grado di infestazione. 3) Olio di Neem (Azadirachta indica): un cucchiaino da diluire in 500 ml di acqua e irrorare sempre di sera tramite spruzzino – Carenza 3/6 giorni 4) Piretro naturale: un cucchiaino da diluire in 500 ml di acqua con l’aggiunta di un cucchiaino di aceto, irrorare la sera tramite spruzzino – Carenza 3 giorni – Attenzione: il piretro non è sistemico, né citotropico, ma uccide anche insetti utili, come api e coccinelle.

Autore: Donatello Vallotta

Il compost #3

Le mani sporche di terra e le unghie nere, i calli, la spalle anchilosate, la fronte madida, un fazzoletto sul capo e una sensazione di breve felicità. Per le genti uscite dalla guerra, sopravvissute alle devastazioni, alle privazioni, al grande silenzio della morte la terra era l’unica via. Curarla, coltivarla e mangiare dei suoi frutti una lezione di economia frugale. Ultimati i solchi per i trapianti con degli attrezzi di fortuna, quelle genti si crogiolavano all’ombra frondosa di grandi alberi, assaporando pane secco ammorbidito con aceto e un pizzico di sale. Il fruscio delle foglie innescato dalle brezze marine sovrastava ogni respiro, ogni pensiero. Lo sguardo veniva rapito dal volo radente di una farfalla. E, in quella conduzione dell’orto familiare, in un angolo fresco fra i gelsi e gli ulivi, spuntava un bancale rudimentale (la prima compostiera si direbbe), che conteneva un terriccio scuro, dal profumo di terra di bosco. Una sorta di restituzione al terreno degli scarti lasciati macerare. In quell’ammasso corvino aria, microrganismi, batteri, lieviti, attinomiceti e funghi hanno generato il compost. Questo spaccato rurale si contrappone con forza ai sistemi agricoli odierni, in cui i brevetti, la chimica e i pesticidi (con le loro pericolose derive) hanno campo libero, impoveriscono l’ambiente e minano la salute pubblica. Oggi anche noi possiamo “consegnare all’ambiente una goccia di splendore”: questo terriccio compostato ricco di biodiversità e molto equilibrato. In un grande contenitore coperto, assicurato ai venti, alle percolazioni e alla traspirazione, uniamo piccole quantità di terricci esausti, avanzi di cucina, di verdure, bucce di banane bio, fondi di caffè, di tè, gusci di uova di quaglia (quelle di gallina solo se tritate fini), scarti di giardino, rametti, sfalcio di prati, foglie secche, materiali degradabili, cartone, segatura e trucioli di legno non trattato. Ogni decina di giorni giriamone il contenuto e innaffiamo con parsimonia. Aggiungiamo una dozzina di lombrichi per velocizzare il processo. Evitiamo carne e pesce, cenere di sigaretta, gherigli di noci, agrumi e frutta troppo acquosa. Tempi: 60/90 giorni.

Ezio fai un concerto per l’ambiente?

Ezio Bosso
anima dolce e sensibile

“Sono andato a ripassare cos’è l’ambiente. Ambiente in Italiano è l’unico aggettivo che in realtà è un verbo, è il participio presente del verbo ambire, cioè arrivare intorno. Quando è nato era l’essere intorno, i latini lo chiamavano “ambiens”, perché era l’aria, perché l’aria ci è intorno, ci circonda e poi era il Tutto e poi era la Terra. Era quello che abbiamo e anche noi siamo intorno.”

Autore: Donatello Vallotta

La cimice asiatica

Halyomorpha halys è il nome scientifico della temuta cimice asiatica. Si tratta di un insetto fitofago che fa parte dell’ordine dei Rincoti, sottordine degli Eterotteri, famiglia dei Pentatomidi. È parente stretta della Nezara viridula Linnaeus, 1758, la cimice verde.
In Italia, il primo ritrovamento è avvenuto nel 2012 nel Modenese. È facile riconoscerla:
1) forma pentagonale
2) lunghezza dai 12 ai 17 mm 3) colore marmorizzato nella parte superiore
4) triangolo marrone nella parte finale del corpo
5) lunghe zampe.
Stipiti, fessurazioni, anfratti o qualsivoglia luogo riparato dal freddo e dalle intemperie invernali sono nascondigli prediletti di questa cimice, che sverna alla grande, specie nei vani della tapparelle, spalleggiata pure dal riscaldamento globale.
Non solo la sua presenza infastidisce, ma è il parassita più dannoso per ortaggi e alberi da frutto. Ha messo in ginocchio intere filiere agronomiche, specie del nord Italia. I danni alle colture sono irreversibili. Al momento di nutrirsi il suo apparato boccale, pungente e succhiatore, rilascia una saliva che provoca reazioni biochimiche, che portano alla necrosi dei tessuti vegetali colpiti, con gravi deformazioni e indurimenti dei frutti. Le deiezioni poi ne arrecano fastidiose fumaggini e un sapore più acidulo. Lo stadio di crescita comprende quattro fasi:
A) uova
B) neanidi
C) ninfe
D) adulte.
È un insetto fin troppo resistente, che si adatta alla perfezione all’ambiente circostante: la lotta chimica adottata per contenerne la diffusione non ha ottenuto gli esisti sperati, avvelenando ancor più massicciamente la natura e rafforzando la tempra delle cimici. Anche le nostre colture sui balconi sono esposte a questo problema, ma i rimedi naturali (dal sapone di Marsiglia, a quello potassico molle) sono efficaci solo se la cimice si trova allo stato neanide. Dopo otto anni l’unica soluzione valida ce l’ha fornita Madre Natura: si tratta del suo antagonista naturale, un parassitoide oofago, il Trissolcus japonicus, la famosa vespa samurai, un insetto piccolissimo, 2 mm di lunghezza, innocuo per l’uomo, che depone le sue uova proprio all’interno di quelle della cimice. La Regione Emilia-Romagna, dopo anni di studi, sarà la prima a effettuare lanci per liberare 66mila vespe samurai, entro il 2020, su 300 siti, costituiti da corridoi ecologici, siepi, vegetazioni di argini, aree verdi, adiacenti agli edifici e prossime ai frutteti. Su questi corridoi sarà vietato l’uso di pesticidi, per non rendere vana la sopravvivenza della vespa samurai.

Autore: Donatello Vallotta

Consigli per la quarantena da epidemia

“Di chiunque vive ritirato e non vuole ch’altri o mai, o a certe ore, entri là, dove egli sta”: questa è una fra le tante accezioni del termine clausura, quella che viviamo in queste settimane a causa del coronavirus. Il virus è il SARS-CoV-2, mentre covid-19 è la malattia: quisquilie penseranno i molti che dal 12 marzo si trovano asserragliati in casa! L’estrema difesa contro il nemico invisibile. Senza prevaricare il dolore di chi ha perso amici, colleghi o i propri cari cosa possiamo fare in queste drammatiche giornate infinite? Velatamente nascosto, ma non troppo, e a portata di mano c’è un sentiero salvifico, un’occasione per scrutare dentro noi stessi e creare qualcosa di apprezzabile. Forse provare a sentirci meglio e al sicuro. Dedicare parte del nostro tempo per plasmare un “recanto” fiorito, un angolino di BalconORTO tutto nostro. Aprile è il mese della rinascita, non solo spirituale! Sui davanzali assolati in vasetti di plastica o contenitori di cartone alloggiano i semini in un pugno di terra e humus: i semenzai. Semi pronti a germinare con i loro cotiledoni. Spuntano timidi ed esili fino a formare le prime vere foglioline. In attesa che le temperature esterne tornino benevole. Anche se lo spazio sul balcone è limitato foggiamo il nostro stile di coltivazione, usufruiamo delle consociazioni, e fidiamoci delle piante, abbinandole insieme volutamente negli stessi spazi di crescita e sfruttiamo talora le superfici verticali. Ci sono infatti tante connessioni favorevoli, dai pomodori ai tageti e al basilico, dagli asparagi ai ravanelli, dai porri ai peperoni e al prezzemolo, dai girasoli ai fagiolini rampicanti, dalle zucchine alle cipolle e alla borragine. E i fiori? Tanti, naturalmente: dalle zinnie alle calendule, dai nasturzi alle facelie, dall’alisso alle bocche di leone. Nelle giornate terse e di dolci brezze è un piacere godere dei raggi del sole dal nostro balcone di città. Senza il solito traffico si avvertono ancor più nitidi i profumi delle erbe aromatiche, i canti del cuculo, del fringuello, della cinciallegra e dei passerotti appollaiati freneticamente sui rami di un alberello di alloro condominiale e al centro delle foglie flabellate delle palme. Nel caso vogliate seminare le fave prestate attenzione, qualora espresse ordinanze comunali ne vietino la coltivazione, per i noti casi di favismo tra la popolazione.

Autore: Donatello Vallotta

Il compost #2

Il compost è il risultato della decomposizione e dell’umificazione di sostanze organiche di varia origine, miscelate insieme, per azione di microrganismi. E’ un processo che trasforma residui animali e vegetali che arrivano al suolo in un prodotto stabile grazie all’ossigeno (processo aerobico) ed al calore (processo esotermico). Residui che vanno dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani (detta FORSU, in parole povere l’umido”) ai residui del verde pubblico e privato, dai fanghi di depurazione (la parte solida delle acque reflue civili urbane) agli scarti agroindustriali. Nelle politiche ambientali i comuni che davvero si ritengono virtuosi dovrebbero partire da qui ed evitare di ricorrere alla torba, anch’essa un ammendante, ma acido e anti-ecologico. La durata del ciclo di produzione industriale del compost dura dai 60 ai 90 giorni, in cui ogni tipo di materiale viene separato e temporaneamente stoccato al chiuso, eccetto le potature e gli sfalci del “verde”. E’ prevista una prima triturazione e una pre-miscelazione per uniformarne le dimensioni, aprire i sacchetti di carta e permettere all’ossigeno la sua azione.


La prima fase attiva della durata di almeno 21 giorni è quella della bio-ossidazione, in cui le temperature dentro ai capannoni (chiusi e depressurizzati) superano i 60°C abbattendo così i microorganismi patogeni per l’uomo, ma mai i 70°C per non inibire i batteri utili al processo. In questo periodo la massa viene insufflata d’aria dal basso e rivoltata una volta la settimana. L’aria contenente agenti odorigeni viene invece aspirata dall’alto e incanalata verso dei silos, dove sarà ripulita e rimessa nell’ambiente. Anche i rapporti sono importanti, perché avvenga questa trasformazione: 30 parti di materiale strutturale (potature e sfalci) e 70 parti di organico.


La seconda fase, quel la della maturazione dura 45 giorni in capannoni coperti ma arieggiati.


Segue la vagliatura, il processo più polveroso: il materiale viene depositato su grandi tramogge e i pezzi oltre i 10 mm di dimensione (chiamati sovvalli) vengono rispediti in ciclo, a meno che non si tratti di micro/macro-plastiche allontanate dalle sonde e smaltite con altre modalità. Utile rimarcare che i liquidi di percolazione sono raccolti e reimpiegati nel processo per non sprecare acqua pulita.


L’ultima fase è lo stoccaggio dove il prodotto finito, l’Ammendante Compostato, viene analizzato per la verifica di conformità. Sarà immesso sul mercato dopo 4 mesi. I prodotti finali sono di diverse tipologie: ACM (verde+FORSU), ACF (con fanghi e scarti) e ACM BIO.

Autore: Donatello Vallotta

Il compost #1

Alla fine di gennaio e di un inverno avaro di precipitazioni la qualità dell’aria che respiriamo è pessima. Un copione già visto ultimamente che si ripete a oltranza. Il risveglio è ancora lontano e poco percettibile. La luce però non si dà per vinta, allunga i contrasti, rallegra l’umore, rende la sensazione d’avere un piede in età ventura, un’altra primavera. Le api svernate si attivano e le arnie, alla presta, brulicheranno di importazioni, meteo permettendo. Le campagne di cinguettii, di fumi di comignoli, di nebbie e brine e di meli scarni, come coorti dimenticate, coi primi raggi esaltano l’occhio, la poesia, il perpetuare del suolo che lentamente si trasforma. Un suolo che per noi è vita. Un suolo che, secondo i dati ISPRA 2019, si riduce sempre di più aumentando gli effetti negativi su territorio, ambiente e paesaggio. Ergo, sulla terra che pestiamo e costruiamo, sui nostri polmoni e su cosa mettiamo in tavola. Se da un lato c’è ancora troppa indifferenza verso corrette pratiche ecologiche da parte di tutti, dall’altro c’è la diffidenza, pregna di approcci superficiali, comportamenti poco etici e visioni negazioniste legate a tornaconti economici e finanziari con ricadute mai veramente accessibili. Cosa possiamo fare per invertire queste errate vocazioni? Se consideriamo che la superficie del pianeta è coperta per il 71% da oceani e il restante 29% è rappresentato da continenti e isole, capiremo l’importanza del suolo, di cui solo i primi 30/40 cm sono abitati da un ricchissimo ecosistema. Nel nostro piccolo, come insetti di un formicaio planetario, non possiamo fare altro che aiutarci l’un gli altri, aiutando prima noi stessi. La progressiva perdita del contenuto in sostanza organica dei suoli e la conseguente riduzione della loro fertilità è l’anticamera dell’abisso. Le cause sono da ricondurre al cemento, ai pesticidi e alla diminuzione degli allevamenti zootecnici e alle odierne modalità di stabulazione degli animali, che prevedono la produzione di liquami e non di letame. Il vero letame è sempre più difficile da reperire e viene spesso sostituito con concimi organici di vario genere, stallatici e letami essiccati, certamente più comodi da distribuire, ma che non svolgono la stessa azione ammendante. Un ammendante con caratteristiche vicine a quelle del letame, e che può sostituirlo, è il compost. Il compost può essere autoprodotto o si può reperire facilmente presso impianti di trattamento di scarti solidi urbani che lo producono partendo dai rifiuti organici.

Autore: Donatello Vallotta