Rudy Giovannini ha le sue radici in Alto Adige e per questo motivo viene soprannominato il Caruso delle Alpi. Già da bambino scopre la passione per il canto e canta nel coro parrocchiale, in un gruppo rock giovanile per poi scoprire la musica lirica; frequenta i conservatori di Bolzano e Verona e si perfeziona a Modena dal Maestro Arrigo Pola, già Maestro di Luciano Pavarotti. Comincia con il musical, dove riscuote notevole successo, continuando poi con il Grand Prix der Volksmusik. Oggi, Rudy Giovannini possiede una sua personalissima linea musicale che lo rende unico nel suo repertorio.
La cosa che mi piace di più di me.
La mia capacità di rendere felici le persone con la mia voce e la mia musica.
Il mio principale difetto.
Cerco di non dare ai miei difetti molte chance di sopravvivere, ho persone sincere al mio fianco che mi aiutano a farlo.
La volta che sono stato più felice.
Quando ho vinto il Grand Prix der Volksmusik.
La volta che sono stato più infelice.
Ogni volta che perdo per sempre una persona cara.
L’errore che non rifarei.
Che meraviglia, non so rispondere, forse non l’ho ancora fatto.
La persona che ammiro di più.
Ammiro tutte le persone solari, in loro sta il segreto della felicità.
Un libro da portare su un’isola deserta.
Ne porterei molti, ma i primi 3 sarebbero il “Don Chisciotte”, “L’isola di Arturo” e “Madame Bovary”.
L’ultima volta che ho perso la calma…
…l’ho ritrovata subito dopo, non era andata molto lontana.
La mia occupazione preferita.
Cantare e scrivere canzoni.
Il Paese dove vorrei vivere.
La Namibia.
L’ultima volta che ho pianto.
Lo scorso 7 dicembre, quando ho visto e sentito in tv, dal Teatro alla Scala di Milano, il finale dell’opera Guglielmo Tell.
Il mio musicista preferito.
Tanti, tanti, tanti. Ma soprattutto Giuseppe Verdi.
Non sopporto…
Le persone intolleranti. Non ho detto che non le tollero!
La mia paura più grande.
La raucedine.
Dico bugie solo…
Quando non dico la verità, e cerco di dire la verità il più spesso possibile.
Il giocattolo che ho amato di più.
La fisarmonica ricevuta a Natale da bambino.
Per un giorno vorrei essere…
Un uomo nei primi anni del Novecento per poter sentire dal vivo la voce del grande Enrico Caruso.
Il mio primo ricordo.
Una maestra che mi disinfetta il ginocchio.
Il mio più grande rimpianto.
Che mio padre non possa condividere il mio successo attuale, lui che tanto ha fatto affinché lo raggiungessi.