Nei giorni dedicati alla memoria cade la festa patronale dei giornalisti, tradizionalmente legata alla commemorazione di san Francesco di Sales. Proprio il tema della memoria è al centro degli interventi del vescovo Muser e di papa Francesco. La vita si fa storia e la narrazione può e deve costruire ponti tra passato e presente.
Mentre riemergono, in più luoghi d’Europa e del nostro paese, i segni di una memoria malata (razzista, antisemita, fonte di odio), papa Francesco, nel suo messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali, dedica la sua riflessione alla memoria intesa come narrazione perché, dice, “credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme”. E aggiunge: “Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri”. È la vita che si fa storia.
Il vescovo diocesano Ivo Muser, nel salutare i giornalisti nel giorno del loro santo patrono nell’ambito della settimana dedicata alla memoria, a 75 anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, riprende lo stesso tema. “La cultura del ricordo e della memoria oggi – dice agli operatori della stampa altoatesina – affronta nuove sfide: la scomparsa dei testimoni diretti, che hanno assistito agli eventi distintivi della storia recente, da un lato, e la rielaborazione mediatica del passato dall’altro, influenzano i nostri ricordi più che mai.” Questo è anche il motivo per cui i rappresentanti dei media devono “aiutare a costruire ponti, sia tra il passato e il presente che tra le persone”.
Autore: Paolo Bill Valente