L’ultimo provvedimento del Governo italiano, quello che ha inaugurato la cosiddetta “fase 2”, non ha restituito alle comunità religiose la possibilità di riunirsi per celebrare insieme. “I Vescovi italiani”, si è letto in un comunicato della Cei, “non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto.”
A riportare la cosa alle sue giuste dimensioni è intervenuto il Papa, chiedendo per la Chiesa “la grazia della prudenza e dell’obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni”. Don Ivan Maffeis, vicesegretario della Cei, ha spiegato bene: “Il richiamo del Papa è davvero la cifra che ci serve per contemperare due esigenze che non possono essere contrapposte, la salute di tutti non può essere sottovalutata. Sottovalutare le indicazioni dell’autorità sanitaria significherebbe di fatto un’irresponsabilità che nessun cittadino può permettersi, sarebbe come calpestare i tanti morti, medici, infermieri, gli stessi sacerdoti e quanti, in una forma o nell’altra, si sono esposti per curare i malati di coronavirus compromettendo la loro stessa salute. Una sottovalutazione che sarebbe una irresponsabilità non scusabile.”
Il virus, un invito a “distinguere i segni dei tempi” (Mt 16,3), suscita alcune domande rispetto alla fase 3 e seguenti. Ad esempio: se le chiese vuote dopo il lockdown continuassero a rimanere vuote (come in buona parte lo erano prima del lockdown)? Il tempo presente non obbliga forse i cristiani a cercare il Signore là dove egli li aspetta (“vi precede in Galilea”, Mc 16,7, ovvero nelle periferie della storia), dove si fa riconoscere (“nello spezzare il pane”, Lc 24,13,35, ovvero nella condivisione), dove si è incarnato (“ho avuto fame, sete, ero malato, carcerato, straniero…”, Mt 25,31-46, ovvero nel servizio a chi è nel bisogno) e ad adorarlo in spirito e verità (Gv 4,23-24)?
Per poi tornare ogni settimana là dove si riunisce la comunità (pochi o tanti non importa) a dire insieme “grazie” e a fare memoria della Vita?
In foto principale: Da settimane il vescovo celebra nel Duomo di Bolzano privo di fedeli
Autore: Paolo Bill Valente