In tempi normali in questi giorni sarebbe finita la scuola. Non così quest’anno. La scuola – quella tra i banchi a cui siamo abituati – non c’è più stata. È stata trasferita in altri luoghi (o, spesso, non-luoghi come le videoconferenze). Eppure, d’altro lato, tutto è stato (per coloro che lo hanno voluto) occasione di apprendimento e di crescita.
L’assenza della scuola “in presenza” ha messo in luce limiti e pregi di un’istituzione (nelle sue diverse possibili forme) della quale nessuna società può fare a meno. Ha evidenziato anche le disuguaglianze. Non tutti hanno una situazione personale, familiare, economica tale da potersi permettere di frequentare la scuola da casa. Qualcuno, malgrado gli sforzi degli insegnanti, è rimasto tagliato fuori.
“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” È l’articolo 3 della Costituzione, un pilastro della convivenza civile.
Primo compito della scuola è proprio la rimozione degli ostacoli che rendono i cittadini meno uguali e meno liberi. Don Lorenzo Milani, di cui fra pochi giorni ricorre l’anniversario della morte, ce l’ha detto chiaramente: è la parola che rende uguali. “Io son sicuro… che la differenza fra il mio figliolo e il vostro non è nella quantità né nella qualità del tesoro chiuso dentro la mente e il cuore, ma in qualcosa che è sulla soglia fra il dentro e il fuori, anzi è la soglia stessa: la Parola.”
La scuola è elemento essenziale per lo sviluppo della vita democratica, “siede fra il passato e il futuro e deve averne presenti entrambi. È l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo del rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità, dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico.”
Autore: Paolo Bill Valente