Il palazzo del turismo e la difesa del “moderno”

Parliamo di una nota ancora, dolorosa, per la recente storia architettonica, culturale e sociale di Bolzano. Nell’estate del 1986 le ruspe entrano in azione fra via Virgilio e Corso Libertà. A niente erano valsi la raccolta di firme di cittadini e commercianti presentata in Comune, gli appelli dei diversi Ordini professionali, la presentazione del vincolo di tutela alla Sovrintendenza ai Beni culturali artistici ed architettonici della Provincia di Bolzano. Un cavillo giuridico permise la demolizione di un edificio, ritenuto da molti uno dei più belli esempi dell’architettura razionalista eretti a Bolzano. Erano gli anni nei quali “il piccone demolitore” aveva come unica scusante quella di affermare “è un edificio costruito dal fascismo, quindi va demolito”; oppure “gli edifici costruiti da quel regime sono tutti uguali…”. Fortunatamente, ne è passata di acqua sotto i ponti. Sulle macerie di quella demolizione sono stati realizzati convegni, pubblicazioni, opere di sensibilizzazione e visite culturali. Con buona pace di molti… le architetture dagli anni ‘30/’40 non sono tutte uguali. Esiste l’architettura monumentale-piacentiniana nella quale il regime fascista veicolava tutto il suo linguaggio retorico e reazionario ed esiste l’architettura razionalista nella quale il linguaggio è libero e non formale, legata alle scuole di pensiero europee e internazionali. Le due realtà coesistevano in quel periodo. Gli edifici maggiormente celebrativi erano legati alla filosofia piacentiniana, quelli funzionali alla scuola di pensiero razionalista. 

Il Palazzo del Turismo si colloca, appieno, nel secondo assioma. Realizzato su progetto dell’ingegnere Armando Ronca viene costruito fra il 1938 e il 1940. Il progettista si trova a dover raccordare il fronte monumentale di Corso IX Maggio (attuale Corso Libertà) con una impostazione pienamente libera di piazza Virgilio. Egli creerà due blocchi. Uno più alto, sul prospetto della via principale – ma ne romperà lo schema compositivo, alternando mattoni a faccia vista con ampie superfici finestrate poste in verticale. Mentre nella facciata a fronte della piazza compone un frontone rivestito in travertino bianco intervallato da nove fornici rimarcate da esili colonne in marmo verde (serpentino del Brennero). Dalla scalinata di accesso si accedeva al grande salone dominato da una plastica scala d’onore – una delle più belle realizzate in Alto Adige – che portava all’ ampio teatro. Oltre alla sala teatrale, l’edificio ospitava gli uffici dell’ Azienda di Soggiorno e di Cura di Bolzano, sale di rappresentanza, gli uffici del Reale Automobil Club e altre attività legate al rilancio del turismo. La guerra fermò la destinazione d’uso iniziale e quando arrivarono gli americani a Bolzano il teatro, non ancora ultimato, venne arredato con i suppellettili provenienti dal cinema Roma. Nel 1946 la sala teatro venne trasformata in cinematografo, nota ai bolzanini come il “Corso” e rimase in funzione fino alla sua demolizione.
Senza il sacrificio del Corso, non avremo potuto salvare l’ex Gil,  il Lido, lo stadio Druso, gran parte della zona industriale e tanti altri edifici dell’epoca.

Autore: Flavio Schimenti

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