Trent’anni fa, nel luglio del 1991, moriva Joseph Gargitter, ultimo vescovo di Bressanone e primo vescovo (fondatore) della diocesi di Bolzano-Bressanone. Fu il vescovo delle scelte lungimiranti e dell’ascolto. Seppe riconoscere le sfide del contesto in cui fu chiamato ad operare. Senza paure. Ebbe il coraggio della solitudine.
Conobbe direttamente le contraddizioni della guerra, delle dittature, dei nazionalismi. Non si fece umiliare da subdole lotte di potere. Non cedette alla violenza delle parole e delle bombe. Seppe cogliere la chance insita nella natura di una terra di confine e di una diocesi plurilingue. Sapeva, avendo contribuito al Concilio Vaticano II, che “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.
Gargitter descrisse il ruolo della diocesi in Alto Adige in un’intervista pubblicata dai settimanali diocesani all’inizio del 1970. “La Chiesa locale – disse –, in questi anni difficili e a volte anche estremamente duri, è stata presente sul terreno della pacificazione etnica anzitutto attraverso un magistero pastorale che è stato chiaramente impostato a obiettivi di pace e convivenza”.
Aggiunse: “Ci sono state anche ore buie di intolleranza e di violenza. Proprio in quei momenti si è potuto misurare il ruolo della Chiesa locale”. Essa “ha sempre avuto sommo rispetto per le competenze dei politici … ma ogni qual volta ha potuto incoraggiare e sostenere ipotesi di pace non si è mai tirata indietro”. Attuale anche ai giorni nostri l’appello finale del vescovo: “Sono profondamente convinto che la pace è una realtà da conquistare ogni giorno. Credo ad una pace dinamica da reinventare ogni giorno, in rapporto alle situazioni nuove che si presenteranno”.
In foto: Joseph Gargitter
Autore: Paolo Bill Valente