Occhi di bosco è un bambino che trascorre ore alla finestra e sul balcone ad ammirare la natura, curioso osserva fulmini e saette illuminare il cielo e impaurito dai tuoni si nasconde quando sente vibrare i vetri dopo ogni boato. Occhi di bosco è un adolescente che conta i secondi tra lampi e tuoni, intuendone la distanza dalla sua testa. Occhi di bosco è un ragazzo intento a legare pomodori e girasoli contro il vento, mentre tende l’orecchio al rumore secco della grandine sui coppi. Occhi di bosco è un adulto che consulta l’evoluzione radar per capire il dove e il quando, l’intensità e i mm caduti. Occhi di bosco è felice quando c’è il temporale: sia esso locale di calore, stazionario per lo stau innescato dal libeccio e dall’ostro, sia quello cattivo, provocato da irruzioni fredde da nord ovest. Occhi di bosco ora appallottola carta di giornale da infilare nei plantari degli scarponcini da montagna per asciugarli dall’umidità della recente escursione. Poi, tornato il sole, la surrene di occhi di bosco pompa così tanta adrenalina da inculcargli il desiderio di cercare funghi immerso nei boschi.
Luglio, agosto e settembre sono un copione di speranze e migliaia di passi su pareti boschive impervie, con finferli grandi protagonisti nella prima parte estiva in cui Russole, Tylopilus felleus e Rozites caperatus hanno fruttificato abbondanti. Nonostante le piogge, forse troppe, il vento, le basse temperature e qualche periodo di siccità la stagione dei porcini non è invece mai partita sulle Alpi. Pochissime crescite e concentrate solo in alcuni punti, alle quote alte dove i pecci si diradano e lasciano spazio prima ai rododendri e poi alle radure prative. Anche adesso che la stagione volge al termine spuntano Amanite, Craterellus, Armillarie, Macrolepiote, Gymnopilus, Cortinarius e Clitocybe nebularis; ma porcini… nemmeno l’ombra! Arvicole, animali selvatici, gasteropodi hanno pasteggiato coi pochi carpofori superstiti facendoci trovare solo gambi privi del cappello o addirittura solo brandelli di porcino, a rimarcarne ancor più la penuria. Per carità, un anno storto ci può stare. Occhi di bosco è un esploratore che sa che i boschi ed i loro habitat sono minacciati – non dai lupi e dagli orsi – ma dall’uomo e dalla sue manie di cementificazione e dal bostrico tipografo, un coleottero, che dopo la tempesta Vaia ha iniziato ad attaccare anche alberi sani portandoli in breve tempo alla morte. Quegli occhi sanno che dove hanno potuto il legname inerte è stato rimosso, ma non dappertutto: ci sono peccete troppo ripide e difficilmente accessibili in cui è difficile andare a recuperare il materiale. Zone senza strade forestali e prive di sicurezza per operatori e mezzi, per non parlare dei costi, che la renderebbero un’operazione insostenibile. Basta guardarlo il bosco, attentamente, per vedere alberi ancora in piedi completamente rinsecchiti, interi versanti sradicati e pani radicali sollevati. Quegli occhi sanno che al momento non si può procedere a nuove piantumazioni fintantoché non si riuscirà a ridimensionare il bostrico. Speriamo che chi di dovere provveda ad arginare queste criticità.
Autore: Donatello Vallotta