Apicoltura e fragilità del sistema

L’apicoltura è una passione del tutto originale; ne abbiamo parlato insieme a Ivo Bocchi e il figlio Jacopo che, a Laives, la coltivano ormai da 15 anni. 
Una passione, la loro, nata quasi per gioco quando, da piccolo, Jacopo era interessato al mondo della natura e suo padre decise di prendere un alveare, ceduto da un amico, da tenere in giardino. 
“Dopo questo periodo di prova abbiamo capito che il mondo delle api poteva interessarci davvero e l’apicoltura poteva essere un hobby da condividere insieme. Per essere più preparato, mi sono iscritto ad un corso organizzato dalla Provincia, destinato sia agli apicoltori professionisti che agli hobbisti. Il corso, della durata di un anno, mi ha concesso di vedere tutte le fasi dell’alveare nelle diverse stagioni. 
Successivamente, abbiamo contattato la Imkerbund, l’associazione degli apicoltori locali che, oltre a fornire informazioni, offre anche delle assicurazioni importanti per questa attività. Voglio però dire che, anche se si tratta di un hobby, si ha pur sempre a che fare con degli animali, quindi bisogna essere responsabili e si è consistentemente sottoposti a controlli. 
Questo lo si nota anche dalla qualità del miele degli apicoltori che, facendo mantenere al miele tutte le sue caratteristiche, è superiore rispetto a quello commerciale”, inizia a spiegare Ivo Bocchi, apicoltore nonché Guardia Forestale.

Diminuisce il miele, ma non cala l’impegno
Ad oggi, Ivo e Jacopo gestiscono 20 arnie, di queste alcune sono produttive, mentre altre sono neonate. Nel periodo di massimo sviluppo degli alveari arrivano a gestire più di 500 mila api. 
“Tutto questo nasce dalla voglia di vedere realizzato un prodotto dall’inizio alla fine. Questa attività, nei limiti di certe grandezze degli alveari, è gestibile anche se affiancata ad un lavoro; il tempo da dedicarci non è molto, si parla di un appuntamento settimanale, che aumenta con il periodo della smielatura, che è anche quello più soddisfacente, ovvero quando si ottiene il prodotto di un intero anno di lavoro. 
Negli ultimi tempi – evidenzia Ivo – c’è stato un netto calo di produzione di miele a livello locale. Non è un andamento univoco, ma è molto comune. La raccolta di miele ottimale non è più annuale, come una volta, ma si raggiunge in 3 o 4 anni. Le nostre arnie invece di produrre 10/15 Kg di miele l’una, quest’anno non ne hanno prodotto nessuno. La causa? Il clima. Piove nei mesi che sfavoriscono l’apicoltura, non consentendo alle api di trovare nettare sui fiori”.

Giovani e apicoltura: un hobby fuori dal comune
Un hobby fuori dal comune, soprattutto se a coltivarlo è un giovane e, in particolare, un giovane che vive in città, e non in qualche valle immersa nella natura. “Avendo un particolare interesse per gli insetti, per me osservare le api ha un qualcosa in più: sono una società organizzata, ogni ape ha un proprio ruolo. Chiunque si approcci all’apicoltura può trarne insegnamenti: le api sono un ottimo bio-indicatore. Vedendo quanto sono fragili le api, si vede quanto può essere fragile il nostro ecosistema”, ha concluso il ventenne di Laives, Jacopo Bocchi.

Autore: Andrea dalla Serra

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