La regola generale è che la prescrizione ordinaria di un credito è di 10 anni. Questo significa che trascorso tale periodo, nell’inerzia del creditore, il diritto di credito si prescrive, ossia “scade”. Tuttavia, esistono delle eccezioni.
Ad esempio, i crediti derivanti per il risarcimento di un danno, per canoni di locazione, per spese condominiali, per indennità conseguenti alla cessazione di rapporti di lavoro si prescrivono in 5 anni; quelli relativi ai compensi dei professionisti in 3 anni; quelli relativi al pagamento di bollette (luce e gas) in 2 anni; quelli relativi a rette scolastiche o premi assicurativi per polizze RC furto e incendio in 1 anno; quelli derivanti da attività che si occupano di offrire vitto e alloggio ai propri clienti come pensioni, hotel, b&b in 6 mesi.
Il tempo necessario alla prescrizione si calcola dal giorno in cui il credito è diventato esigibile (cioè dal giorno in cui poteva essere richiesto al debitore, ad es. allo scadere del termine previsto in fattura).
Il termine di prescrizione può però essere interrotto: il creditore deve trasmettere al debitore una intimazione di pagamento prima della scadenza. Per intimazione si intende qualsiasi atto a cui la legge riconduce la volontà del creditore di esercitare il proprio diritto di credito. In questi casi la prescrizione viene interrotta e la decorrenza viene azzerata: inizia, cioè, a decorrere un nuovo periodo prescrizionale.
Attenzione: non bastano semplici solleciti telefonici, ma occorre una vera e propria messa in mora (sollecito), ad esempio trasmessa tramite raccomanda A/R o PEC.
Oltre a questa ipotesi, la prescrizione è interrotta da ogni azione giudiziaria per il recupero del credito (atto di citazione, ricorso per decreto ingiuntivo) oppure quando il debitore abbia dichiarato espressamente di riconoscere il proprio debito.
Autore: Massimo Mira