Finito febbraio, è terminato un altro inverno meteorologico secco e mite. I dati finali di questa catastrofe climatica sono disponibili presso l’Ufficio Meteorologico della Provincia e sono ben visibili se osserviamo attentamente i versanti esposti a sud della Val Venosta, della Val d’Ultimo, Wipptal e del Burgraviato, zone, queste, sotto l’influenza costante del foehn e avare di precipitazioni durante quasi l’intero arco della stagione invernale, fatta eccezione per quelle dorsali favorevoli agli sfondamenti da NW. Per non parlare dei ghiacciai, gli anfitrioni per eccellenza dell’alta quota, sempre più ridotti all’osso; il livello dei laghi, di Monticolo, ma soprattutto di Caldaro, con le passerelle di legno sorprendentemente sporgenti dal pelo dell’acqua è l’immagine più eloquente di questo periodo; questa grande siccità la si avverte anche nel colore dei boschi di latifoglie e di larici dall’aspetto rosso marziano. Nel mio ultimo giretto, rigorosamente a piedi da casa fino all’imbocco della Val di Nova, in compagnia del fotografo Paolo Tosi dell’AFNI (Associazione Fotografi Naturalisti Italiani) abbiamo notato flebili sentori del risveglio della natura. Tanta polvere sulle scarpe e foglie secche attaccate ovunque; nel tepore dei vigneti assolati per ritrarre gli Occhi della Madonna, simpatici fiorellini blu già bottinati dalle prime api in cerca di polline; nel silenzio del sottobosco, interrotto da correnti impetuose, che dalle Alpi rincorrevano la bassa pressione presente sul Centro Italia (responsabile delle abbondanti nevicate in Abruzzo) non sono mancate esclamazioni del tipo “ahia”, a causa dei ricci dei castagni che pungevano braccia e gambe dopo ogni tentativo di realizzare una fotografia macro completamente sdraiati. Presenti, seppur in misura meno numerosa del solito, gli esemplari di Hepatica nobilis (fegatelle o erba trinità) e qualche sporadico falso bucaneve, i famosi campanellini.
Nei dintorni, più precisamente sulla collina di Tarces, ma in quasi l’intera Val Venosta, come conclusione del carnevale i residenti hanno celebrato lo “Scheibenschlagen”, antichissima tradizione già presente in Assia ed in Austria a partire dal XI secolo. Il rituale del lancio dei dischi ardenti, accompagnato da una preghiera, è una sfida contro l’oscurità per liberarsi dai demoni ed arridersi la fortuna. I dischi di legno realizzati a mano hanno un piccolo foro al centro e vengono infilzati da un lungo ramo; lasciati tra i tizzoni ardenti vengono ripresi e fatti roteare, infine sbattuti contro una pedana per essere liberati nel vuoto. Con il fieno si assembla e tramite dei cavi si issa la Strega, un totem alto una decina di metri a cui, alla fine della cerimonia dei dischi, si darà fuoco per dare il benvenuto alla primavera.
Autore: Donatello Vallotta