Nell’ottica dell’ospitalità, in questi giorni la provincia di Bolzano si sta proprio reinventando. Mentre per ovvi motivi viene posta una pietra tombale sul turismo russo, seguendo un quanto mai necessario riflesso condizionato l’intero territorio altoatesino (finalmente) si sta mobilitando per accogliere rifugiati, ovvero le migliaia di donne e bambini in fuga dalla guerra in Ucraina.
Ma in questo panorama forte è anche risuonato in questi giorni un grido d’allarme dell’università prima e dell’associazione degli studenti sudtirolesi poi. Il primo a prendere la parola è stato il direttore organizzativo dell’ateneo Günther Mathà, affermando senza mezzi termini che ”Bolzano può scordarsi di diventare una vera città universitaria finché la nota carenza di alloggi non sarà affrontata in modo sistematico e strutturale.” A lui hanno fatto eco i giovani vertici di SH ASUS che parlano di un vero e proprio “fallimento del mercato immobiliare altoatesino”. I numeri parlano chiaro: il 30% degli studenti che accedono all’università (i migliori) sono costretti a rinunciare perché non riescono a trovare un alloggio nella nostra “provincia modello”. è un chiaro caso di “cervelli in fuga”. Ma non solo: in questo modo il nostro territorio, con tutte le sue aspirazioni in termini di innovazione e crescita economica, dimostra di non essere in grado nemmeno di accogliere cervelli da fuori, in grado di divenire preziosissime risorse per le aziende locali che guardano al mercato europeo e internazionale. L’appello di università e studenti dunque si aggiunge alle sollecitazioni delle imprese altoatesine che da anni chiedono alle amministrazioni locali (Provincia e Comuni) di intervenire con coraggio per trovare soluzioni, prima che l’Università non sia costretta a gettare la spugna.
Il dibattito svoltosi recentemente in Consiglio provinciale in merito a possibili interventi per “sbloccare” le migliaia di alloggi sfitti non è stato certo incoraggiante in questo senso. Ma a questo punto dovrebbero anche essere i cittadini in prima persona, proprietari di alloggi sfitti, a sentirsi primi interlocutori rispetto alla richiesta d’aiuto da parte di studenti e università.
E’ chiedere troppo?
Autore: Luca Sticcotti