The Sound: i ricordi beat di Fausto Manfrini

In questo numero facciamo un salto nel tempo di quasi sessant’anni, scandagliando nella memoria di Fausto Manfrini, un bolzanino che negli anni ‘60 fece parte della prima scena rock cittadina.

Tutto, come per una folta generazione di giovani musicisti sparsi per il mondo, cominciò con l’uscita del 45 giri Please Please Me: era il febbraio 1963 e il bolzanino Fausto Manfrini si trovava in collegio a Domodossola. A Natale la nonna gli regalò una chitarra, un suo compagno di scuola ricevette il disco dei Beatles e per il resto dell’anno scolastico è facile immaginare cosa sia successo. La Bolzano del 1965 in cui Fausto tornò, aveva una scena musicale in grande fermento, c’erano i festival studenteschi e c’erano le serate a Villa Boscoverde e quelle sui palchi più ambiti di cinema e piccoli teatri. Non gli ci volle molto per entrare in contatto con altri coetanei desiderosi di mettere insieme un complesso con cui divertirsi, facendo divertire il pubblico. “Giancarlo Bertoni – racconta Manfrini – frequentava il liceo scientifico come me ma era più giovane, lui suonava la batteria mentre io avevo cominciato a dedicarmi al basso; un giorno mi propose di formare un gruppo con un tizio che stava cercando musicisti. Il tizio era Franco Mugliari, che si portò un chitarrista solista di nome Antonio Falezza, un autentico genio che frequentava l’ITI e si era progettato e costruito un dispositivo per ottenere l’effetto di un distorsore. A questo punto i Sound erano nati. Ci mancava una sala prove, però, e i condomini della casa in cui abitava la mia famiglia storsero il naso quando tentammo di provare in cantina”.

A trarre d’impaccio la neonata formazione, arrivò Carlo Allitto Bonanno, coetaneo appassionato di musica, che offrì ai Sound la cantina di via Fago, dove abitava la sua famiglia. Bonanno poi, era in grado di dare agli amici delle belle dritte riguardo alla pronuncia del repertorio in inglese.

“Quello che suonavamo – racconta Manfrini – era un misto tra quel che si ascoltava in quel periodo, c’era il beat italiano dei Rokes e dell’Equipe 84, soprattutto tanto materiale dei Beatles, che cantava Franco, e tanto dei Rolling Stones, che cantavo io. I Rolling Stones erano i miei preferiti, anche se suonavo un basso Hofner come quello di Paul McCartney. Trovare degli ingaggi era fondamentale per poterci comprare strumenti e attrezzature. Era Franco a fungere un po’ anche da nostro manager”.

Grazie all’intraprendenza del giovane Mugliari, i Sound finirono per esibirsi sul palco del cinema Corso come spalla dell’Equipe 84 e dei Rokes (con Full, Dedy Cemm e Satellites) e la notte di capo d’anno all’Hotel Osvaldo a Selva di Val Gardena, guadagnando l’ingaggio stagionale presso un’altra struttura alberghiera, per l’estate 1966. Memorabile anche la partecipazione al festival beat di Merano, vinto dai Dedy Cemm: i Sound riscossero però un buon successo, la sede RAI locale filmò un passaggio della loro performance, trasmessa anche a livello nazionale, ma purtroppo quel frammento televisivo è andato perduto.

Su input di Mugliari, che conosceva una magliaia in Via della Roggia, i Sound ad un certo punto adottarono come divisa – un must per i complessini beat – una giacca turchese dai bordi neri con le iniziali del componente del gruppo ricamate sul taschino basso. “Nel 1967 – conclude Manfrini – Franco decise di percorrere altre strade musicali e noi, su suggerimento di Giancarlo, al suo posto arruolammo Piero Messina, dotato chitarrista con tanto di studi di chitarra classica. Da un po’ avevamo anche mutato il nome in Sound System, ma nella primavera del 1967 la storia del nostro gruppo finì, complici gli esami di maturità imminenti e l’abbandono di Giancarlo, rubatoci dagli We, per sostituire Luciano Casagrande partito per il servizio militare. Piero seguì Giancarlo nel nuovo gruppo e negli anni ‘70 suonò addirittura in un disco degli ex Van Der Graaf Generator. Io misi insieme un gruppo con ragazzi di tutte le classi e al festival studentesco vincemmo con un adattamento di Vecchio Scarpone sulla musica di The Under Assistant West Coast Promotion Man, una canzone dei Rolling Stones!”.

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