Piero Messina #1: dai banchi del Carducci agli studi della Numero Uno

Quello di Piero Messina è un nome che chi ha frequentato il mondo delle sette note bolzanino nella seconda metà degli anni sessanta, abbina a ricordi fantastici, citandolo senza esitazione come uno dei nomi leggendari (la definizione è tutt’altro che fuori luogo come avremo modo di scoprire) della sei corde. Messina, oggi docente di chitarra e composizione di stanza a Verona, è stato uno dei cosiddetti bolzanini di transizione, come spesso accadeva a quei tempi, che giunto a Bolzano con la famiglia da teenager vi ha abitato fino al temine degli studi superiori, vale a dire in un’età molto importante dal punto di vista formativo e delle amicizie. Essere un teenager appassionato di musica negli anni sessanta era poi un’esperienza topica.

“Sono stati anni fantastici – ci racconta Messina – in cui ci si trovava ad ascoltare le ultime novità discografiche a casa degli amici che compravano i dischi e si andava ai concerti per rubare ad altri trucchi e segreti su come fare un accordo o come suonare un determinato passaggio. Se si voleva suonare musica leggera, come si diceva allora, bisognava imparare l’arte di arrangiarsi. Avevo comprato un registratore e mi registravo la canzone continuando ad ascoltare e riavvolgere brevemente per trovare la nota e la tonalità esatte senza perdere un passaggio.”
Tra le prime frequentazioni musicali di Piero ci fu Carlo Domeniconi, figlio dell’allora direttore della Biblioteca Civica, poco interessato alle discipline classiche e futuro concertista e compositore in ambito jazz contemporaneo.
“Domeniconi – prosegue Messina nel suo racconto –, abbandonò le superiori appena gli fu possibile e andò a vivere di musica a Berlino. Ma per i mesi che siamo stati in classe insieme, ho avuto modo di suonare con lui e imparare. Tra le amicizie importanti, fu però fondamentale l’incontro con Giancarlo Bertoni: lui frequentava lo scientifico e mi portò nei Sound System, il gruppo in cui suonava. Sempre lui aveva una collezione di dischi incredibile che mi permise di conoscere artisti a me sconosciuti. Quando a Giancarlo fu proposto di sostituire Luciano Casagrande negli We, mi portò con sé: a quell’epoca, il gruppo era composto da Memo Emeri, cantante, da Gilberto Gabrielli al basso, Sergio Nervo alla chitarra d’accompagnamento, Giancarlo e me.”
Gli We, sia con la formazione precedente che con questa sono stati uno dei nomi di punta della Bolzano post beat, proprio grazie all’inarrivabile voce di Memo e alla chitarra di Piero, che ricorda: “Fummo chiamati alla Rai locale per registrare alcuni brani nel loro auditorio: c’erano i tecnici in camice bianco, come dei medici. Io avevo un distorsore, così avvertii un tecnico di tenere presente che ci sarebbe stato un suono particolare ad un certo punto. Per gli standard degli studi Rai di allora era una cosa non contemplata e quando l’ho usato, il tecnico, allarmato, è corso a dirci di stare attenti perché c’era uno strumento che distorceva! Eppure si chiama distorsore…”
Questa formazione degli We durò fino alla maturità, nel 1968, i ragazzi avevano una qualche idea che la loro storia potesse essere giunta al capolinea visto che dopo gli esami ciascuno avrebbe intrapreso strade diverse, ma fu il bassista Gil Gabrielli a prendere la palla al balzo e a comunicarlo sia ai compagni di band che ai loro fan: durante un’esibizione al vecchio cinema Augusteo (dove ora sorge l’Auditorium dell’orchestra Haydn) durante l’esecuzione dell’ultimo brano, Mean Woman Blues nella versione dello Spencer Davis Group, si avvicinò al microfono e disse: «Questo è il nostro ultimo concerto».
A questo punto, mentre a Bolzano gli We continuarono ad esistere in una nuova versione guidata da Memo e dal congedato Casagrande, Piero Messina si unì agli ex Tornados, un gruppo veronese del periodo beat, che stava per essere assoldato dalla Numero Uno, la casa discografica fondata da Lucio Battisti, e aveva avuto il diktat di trovarsi un chitarrista: Messina che aveva seguito il trasferimento della famiglia a Verona al termine delle superiori finì col fare un’audizione con loro venendo arruolato seduta stante nella band che prese il nome di Alpha Centauri.

Autore: Paolo Crazy Carnevale

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