Quelle parole che possono ferire o guarire

Il saggio del sociolinguista Federico Faloppa per Edizioni alphabeta Verlag.

Le piattaforme digitali di comunicazione e condivisione, i cosiddetti social media, hanno trasformato le dinamiche relazionali fra le persone. La parola diventa centrale nel veicolare il senso delle relazioni e sempre con più frequenza e impatto si è assistito negli ultimi anni ad un crescendo di situazioni in cui proprio le parole hanno determinato discriminazioni e atti persecutori. La pandemia ha sicuramente contribuito ad esacerbare tali dinamiche. 

Per gli antichi greci il termine pharmakon indicava tanto il veleno quanto la medicina e aveva quindi il doppio potenziale di uccidere o di guarire. In tal senso è da interpretarsi il titolo del nuovo saggio della casa editrice Edizioni alphabeta Verlag, La farmacia del linguaggio. Parole che feriscono, parole che curano. Il libro, snello e agevole, raccoglie un intervento che il noto sociolinguista Federico Faloppa ha tenuto a Bolzano il 27 gennaio 2022 in occasione della Giornata della Memoria e affronta il tema del linguaggio come strumento di offesa, ma anche come risorsa collettiva di consapevolezza. Faloppa è docente di Italian Studies and Linguistics presso il dipartimento “Language and Culture” dell’Università di Reading, nel Regno Unito, e da vent’anni si occupa della costruzione del “diverso” nelle lingue europee, di rappresentazione mediatica delle minoranze, di produzione e circolazione del discorso razzista e discriminante in Italia.

Attraverso numerose esemplificazioni, l’autore ripercorre le differenti tipologie del linguaggio d’odio: dall’insulto all’uso metaforico di parole innocue in altri contesti, che divengono però armi a seconda del loro utilizzo; dalle espressioni più sottili e articolate al ribaltamento dei ruoli tra odiatori e vittime; dal body shaming al victim blaming. 

Questo fenomeno, da tempo esistente, ha recentemente oltrepassato la soglia d’allarme a livello internazionale, tanto che istituzioni quali il Consiglio d’Europa ne hanno analizzato le conseguenze soprattutto sui soggetti più fragili e sulle categorie più discriminate. Faloppa si sofferma quindi sulle definizioni alla base delle misure in via di adozione per contrastare il fenomeno. 

Il saggio di postfazione di Gabriele Di Luca, che stabilisce una sorta di dialogo a distanza con l’autore, offre ulteriori spunti di riflessione, declinando la tematica sulla realtà altoatesina, ancora attraversata dalla cosiddetta “faglia etnica”: qui le questioni legate all’identità, all’appartenenza linguistica, alla toponomastica, a una supposta egemonia culturale, nutrono tutt’oggi il dibattito pubblico di messaggi e contenuti spesso caratterizzati da toni violenti e discriminatori. 

Ma il libro non è solo un riepilogo di casistiche negative e fatti di cronaca tristemente noti: l’autore pone l’accento anche sul potenziale curativo delle parole, conducendo il lettore attraverso esempi tratti dalla letteratura, dall’antropologia, dalle pratiche religiose, e descrivendo una predisposizione culturale alla comunicazione e all’ascolto come strumenti terapeutici. Un percorso che rivela come il rischio principale risieda proprio nella “perdita” del linguaggio, nello svuotarsi dei significati e nel dimenticare il fondamento collettivo della parola.

La farmacia del linguaggio. Parole che feriscono, parole che curano è l’ultimo libro uscito in casa Edizioni alphabeta Verlag ed è nato in collaborazione con la Fondazione Langer e con l’A.N.P.I.

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