Come si fa, oggi, a dare buone notizie, anche se ci sentiamo spesso assediati invece dalle cattive notizie? Questa è la domanda che mi sono posto, mentre mi accingevo a scrivere queste righe che hanno lo scopo di fare a voi lettori i nostri migliori auguri di buone feste.
La prima cosa che mi è venuta in mente è che in realtà, tra le tante cattive novità, c’è sempre la possibilità di individuare persone, storie, pensieri, prese di posizione che testimoniano attenzione, rispetto, disponibilità, comunità e solidarietà. Di fatto è quello che cerchiamo di fare con i nostri giornali da quasi 15 anni, una sfida e al contempo un’occasione che rinnoviamo ogni due settimane, con convinzione. Ma non basta. Occorre anche avere degli strumenti per affrontare le cattive notizie, riuscire ad accettarle e reagire. Ecco, mi sono detto, è su questo che bisogna puntare. Ogni cattiva notizia ha in se un’insegnamento, uno spunto e una strada indicata, per fare dei passi in avanti. Per crescere. Per farsi forza e, in taluni casi, lavorare insieme per fare in modo che certi eventi non si ripetano.
Certo non possiamo fare nulla per impedire i terremoti, ma abbiamo già capito che invece ci sono dei modi per mettere insieme le nostre energie (quelle di 8 miliardi di persone!), anche per fronteggiare i cambiamenti climatici. Ci sono poi cosiddette “emergenze” che invece sembrano fatte apposta, nella loro drammaticità, per evidenziare ancor di più, anche se a ben vedere non dovrebbe essercene bisogno, con quali contraddizioni ci troviamo a convivere, quasi come se chiudessimo gli occhi e le orecchie, per non vedere e non sentire.
Negli ultimi giorni ci sono addirittura volute delle tragedie per farci finalmente agire su alcune criticità. Come l’insicurezza del traffico nelle città e le tensioni nei nuclei di base delle nostre società che sono le famiglie e i condomini. Incredibile è poi il fatto che si sia ricorsi ancora una volta alla dicitura “emergenza freddo” per mettersi a litigare a livello politico sulla necessità di avere un sistema adeguato per sostenere le persone, sottolineo “persone”, che vivono ai margini della nostra società, manifestando una fragilità cronica e che – in alcuni periodi dell’anno per forza di cose – si ritrovano ad avere la loro stessa vita in pericolo.
“Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.” Così c’è scritto nel vangelo di Luca. I mercatini di Natale esistono per celebrare quel bambino nato per strada. Non dimentichiamocelo e facciamo la nostra parte. Auguri a tutti voi.
Autore: Luca Sticcotti