La scuola “todesca” di Laghetti

La migrazione non è un fenomeno moderno e circoscritto a certi popoli, come si vuol far credere. Da sempre la povera gente è costretta a cercare lontano da casa una dignitosa possibilità di sopravvivenza. Alla fine dell’800, anche la Bassa Atesina conobbe uno straordinario afflusso di immigrati, in particolare dalle valli più povere del Trentino. Servivano braccia per lavorare la terra e per l’edilizia, manodopera per le cave di porfido, lavoratrici per le filande. Ovviamente, queste persone erano disposte a lavorare in condizioni spesso disumane e, soprattutto, per un salario da fame – non diversamente dagli immigrati di oggi.

Gli arrivi sconvolsero i secolari equilibri demografici della Bassa Atesina. Nell’arco di 10 anni, gli immigrati trentini e non solo raggiunsero numeri inimmaginabili: a Laives passarono da 265 a 621 (con un calo degli “autoctoni” da 828 a 570), a Bronzolo da 400 a 769, a Egna da 202 a 405, a Laghetti da 99 a 175. Le conseguenze di questa pacifica “invasione” si fecero ben presto sentire: dall’uso della lingua nei pubblici uffici e nelle sacre funzioni fino all’ambito scolastico. A parte il caso di Vadena, dove scoppiò una vera e propria guerra sulla pelle dei bambini, negli altri paesi le scuole mantennero la loro impostazione tradizionale e gli immigrati del Welschtirol furono ben felici di mandare i propri figli nelle scuole austroungariche. L’apprendimento della lingua gli garantiva un futuro migliore e possibilità di occupazione anche oltre il Brennero. Probabilmente proprio in quegli anni andò a cementificarsi la particolare società mistilingue e multiculturale caratteristica della Bassa Atesina.

Pochi anni dopo, alla fine della grande guerra, l’Alto Adige fu annesso all’Italia. In Bassa Atesina si guardò con preoccupazione al cambiamento in quanto gli equilibri esistenti rischiavano seriamente di essere compromessi dalle nascenti tensioni nazionalistiche. In effetti, sotto la spinta del governatore trentino Credaro e contro gli stessi propositi del governo liberale di Roma, che aveva solennemente garantito il massimo rispetto delle tradizioni locali, si tentò non solo di aggiungere scuole italiane a quelle esistenti ma addirittura di sostituire le prime alle seconde. Il tentativo più grossolano in tal senso fu compiuto nel paesino di Laghetti, frazione di Egna, abitato prevalentemente da braccianti di origine trentina. Dapprima si tentò di staccare la frazione da Egna per costituire un comune autonomo da aggregare alla Provincia di Trento (cosa poi avvenuta fino al 1946) contro la volontà della popolazione, poi nel 1919 si convertì la scuola storica in una scuola completamente italiana. I genitori, quasi tutti italiani si ribellarono e iniziarono a boicottare la scuola di Laghetti mandando i figli in altre scuole nei paesi vicini. A nulla valsero gli interventi delle autorità, che sanzionarono pesantemente i genitori. Vi fu un vero e proprio sollevamento delle madri sia a Laghetti che a Bolzano. Il sindaco della città capoluogo Perathoner scrisse una lunga e accorata lettera al governatore di Trento. Gli abitanti di Laghetti volevano la loro scuola “todesca” e non erano disposti a cedere, tanto che arrivarono al punto da non mandare i propri figli in nessuna scuola. 

A quel punto, le autorità scolastiche trentine infransero per la prima volta il sacrosanto diritto dei genitori di stabilire quale scuola dovessero frequentare i propri figli. Questo diritto era ancorato nella riforma del 1774 di Maria Teresa d’Asburgo, che aveva reso obbligatoria la scuola per i bambini dai 6 ai 13 anni. Ora per la prima volta questo principio venne infranto e i bambini di Laghetti furono costretti a frequentare una scuola che non volevano. 

Se Laghetti fu il primo paese colpito dal fervore nazionalistico, in breve tempo la regola fu estesa a tutti i comuni altoatesini. Alla fine del 1922 molte scuole erano state chiuse, con il 1923 in tutti i paesi fu permessa una prima classe esclusivamente in lingua italiana. Anche i promessi corsi privati vennero boicottati o affidati a maestri provenienti dal profondo Sud.

Autore: Reinhard Christanell

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