“Interessiamoci anche ai mondi digitali dei nostri figli”

Uso scorretto dei social media e disturbi del comportamento alimentare in età adolescenziale. Un connubio sempre più evidente per chi – come Raffaela Vanzetta, pedagogista e psicoterapeuta, coordinatrice di Infes, il Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare del Forum Prevenzione – da molti anni è attivo nella riabilitazione e prevenzione di patologie come l’anoressia o la bulimia. Il libro “Social Fame”, curato assieme a Laura della Ragione, ha l’intento di fare luce su un fenomeno preoccupante e che, troppo spesso, coglie impreparate le famiglie.

// Di Nilo Ruggeri

Partiamo dal titolo. A cosa si riferisce “Social Fame”? 

È un gioco di parole che ci sembrava racchiudesse l’essenza del nostro lavoro di ricerca su un fenomeno che è estremamente attuale, ovvero dei disturbi alimentari che sono alimentati e, a volte, incoraggiati da messaggi distorti che viaggiano sui canali dei social media. “Fame”, oltre al significato italiano, in inglese significa fama, notorietà, cui tendono, consapevolmente o meno, gli adolescenti che cadono vittime di una ricerca di affermazione di sé legata al loro corpo e a quello che mangiano o non mangiano per avvicinarsi ai modelli – o influencers – con cui vengono a contatto nelle loro relazioni virtuali. 

Come è nato il libro e per chi è pensato? 

È un’opera collettiva di persone che, a vario titolo, si occupano di adolescenti, mezzi di comunicazione e disturbi alimentari e che è nata riflettendo insieme a Laura Della Ragione – una luminare nel campo della cura dei disturbi dell’alimentazione – sullo sviluppo recente dei disturbi di questo genere. In particolare, abbiamo tentato di sistematizzare gli interventi di tanti colleghi con cui sono in contatto nel resto d’Italia che, ai convegni, segnalano come la rete in cui i ragazzi e le ragazze vivono e si incontrano sia diventata una piattaforma per la diffusione di modelli nocivi del rapporto col proprio corpo e con il cibo. Il libro non è solo per specialisti ma, al contrario, punta a portare a conoscenza di famiglie, insegnanti, educatori il rischio che molti adolescenti stanno correndo. 

I social vanno evitati? Sembra difficile poter proibire quello che per molti giovani è uno spazio di intimità e socialità irrinunciabile… 

No, sia chiaro che i social non vanno demonizzati. Non sono negativi di per sé se, ad esempio, se qualcuno posta una fotografia di un piatto o un alimento. Quello che è importante è insegnare ai ragazzi e alle ragazze a farsi delle domande sia rispetto al proprio comportamento che rispetto a quello degli influencer che seguono. Perché si pubblica una foto? Qual è il messaggio che ci manda? L’immagine del cibo e del corpo che viene trasmessa è vera e reale oppure è artificiale e costruita per venderci qualcosa? Dobbiamo incominciare, come genitori, ad interessarci di più a chi i nostri giovani frequentano online, allo stesso modo in cui il genitore responsabile vuole sapere con chi esce e chi incontra il figlio o la figlia nella vita reale. Teniamo presente che la media di ore trascorse in rete da un adolescente ogni giorno è di cinque o sei.  

Cosa manca per contenere questo fenomeno? 

Certamente avvertiamo la necessità di un intervento regolativo, normativo, a livello europeo, direi. Le piattaforme social sono enormi aziende con grandi interessi economici e gli stessi influencer sono mossi dall’obiettivo di monetizzare i loro contenuti. Come si sono regolamentate sostanze come il tabacco, il gioco d’azzardo o l’alcol, lo stesso si può fare con l’uso di internet e dei social, per spingere verso un uso consapevole della rete. 

Come Infes, quali sono le attività che proponete? 

I miei colleghi ed io lavoriamo proponendo attività di sensibilizzazione nelle scuole. Stiamo lavorando anche all’idea di una sorta di “patentino” per l’uso di internet che consista in una formazione all’uso consapevole. Il coinvolgimento sia della scuola che delle famiglie è fondamentale.  

Se un genitore sospetta che il figlio o la figlia abbia problemi alimentari, cosa deve fare?  

Può rivolgersi a noi per una consulenza gratuita. Se nota una perdita o un aumento di peso consistente, un’attenzione esagerata alle forme del corpo e all’alimentazione, prendiamo appuntamento e analizziamo insieme la situazione.  

Il Covid ha aggravato questi fenomeni? 

Sì, si calcola che i disturbi alimentari siano aumentati del 30% nell’epoca della pandemia. Adesso i numeri si stanno normalizzando ma quello che osserviamo è un’età più giovane di chi si rivolge ai servizi. Ci sono bambine di 11 o 12 anni che arrivano a perdere anche 10 chili nel giro di poco tempo. Si tratta di una grande sfida per chi si occupa di adolescenti e bisogna attrezzarsi. Speriamo di dare un contributo concreto anche con questo volume.

Il libro “Social Fame. Adolescenza, social media e disturbi alimentari” verrà presentato a Bolzano il giorno 2 maggio nella floricoltura Schullian di via Merano a Bolzano. Maggiori informazioni su www.infes.it oppure 0471 970039. 

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