Nazionalismo (di altri tempi?) tradotto in pratica

Cent’anni fa, il 15 luglio del 1923, nel teatro civico di Bolzano, l’attivista nazionalista Ettore Tolomei elencava in un famoso discorso i 32 provvedimenti per l’italianizzazione dell’Alto Adige. Le misure, fatte proprie dal Gran Consiglio del Fascismo, furono attuate, qualcuna più, qualcuna meno, nei due decenni successivi.

I provvedimenti prevedevano una provincia unica con sede a Trento (cosa che fu superata nel 1927), la nomina di segretari comunali esclusivamente di lingua italiana, e il licenziamento di funzionari tedeschi o il loro trasferimento verso altre province, l’impedimento a persone di lingua tedesca di entrare, soggiornare o migrare in Alto Adige, l’introduzione dell’italiano come unica lingua ufficiale, lo scioglimento di organizzazioni politiche e alpinistiche di lingua tedesca.
Altri punti programmatici: il divieto dei nomi “Tirol” e “Südtirol”, la chiusura del giornale di lingua tedesca “Der Tiroler”, l’italianizzazione dei toponimi tedeschi e il divieto dell’uso di questi ultimi, l’italianizzazione delle iscrizioni pubbliche tedesche, dei nomi tedeschi delle strade e dei cognomi (misura poi attuata in modo limitato). La rimozione del monumento dedicato al poeta Walther von der Vogelweide da piazza Walther a Bolzano (al suo posto fu installata una statua del re d’Italia).
Si prevedeva ancora l’incentivo all’immigrazione e all’acquisizione di terre in provincia per persone di lingua italiana, la promozione di lingua e cultura italiane, l’istituzione di scuole materne, elementari e secondarie italiane. Andava rafforzata la presenza militare, controllato l’influsso straniero sugli affari interni, limitata la presenza di banche d’oltre Brennero, sviluppate le vie di comunicazione con il resto d’Italia.
A cent’anni di distanza, quando tutto questo sembra un lontano ricordo, è però bene fare memoria. Tolomei non era isolato con le sue idee. Esse furono semplicemente la declinazione, nella realtà del momento, della mentalità nazionalista che aveva prodotto la Grande Guerra e portato alla Seconda. E che non è affatto sparita dal continente europeo (e nemmeno dal Sudtirolo).

Autore: Paolo Bill Valente

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