Il volto sornione contornato da una barba bionda e un sorriso nascosto da baffi e occhiali di Fabrizio Dall’Oca è un volto familiare per chi è cresciuto frequentando i concerti delle band locali da metà anni settanta e, per i vent’anni successivi, e per chi si è recato alle serate dedicate alla musica jazz nelle stagioni musicali di Carambolage e Laurin.
Fabrizio è nato professionalmente insieme ai suoi coetanei che si facevano le ossa suonando: lui se le è fatte smanettando sui cursori e potenziometri maturando l’idea che quello era il lavoro che voleva fare da grande. Ora, che grande è diventato ed è addirittura pensionato, continua ad essere il fonico esclusivo del poliedrico jazzista Paolo Fresu, coronando un sogno e una lunga carriera.
“Ho cominciato dando una mano ad una band di amici che si chiamava Otho Mollis – ci racconta il fonico – si andava in giro con due piccole casse e con un mixerino da otto canali che ci sembrava il non plus ultra, quando siamo passati al sedici canali ci sembrava di avere una cosa incredibile, il tutto era molto empirico visto che comunque si partiva da zero; all’epoca non c’erano scuole per imparare questo mestiere e ci siamo letteralmente fatti le ossa. Io e loro. Se pensi che tutto era cominciato ascoltando i dischi in vinile a casa, cercando di capire come facessero i suoni ad uscire in un determinato modo. Da lì si è arrivati all’idea di fornire un service, come si suol dire, il più professionale possibile”.
Nella Bolzano di fine anni settanta, l’idea di un’amplificazione per concerti di tipo professionale era pura fantascienza, quando il Fabrizio Dall’Oca e il gruppo denominato La Stanza pensarono di lanciarsi in questa avventura con intenti seri e costituendosi in un’associazione culturale che promuoveva e allestiva concerti fornendo anche l’amplificazione, la cosa era una novità assoluta e totale.
“Si trattava soprattutto di musica jazz – prosegue Dall’Oca – un genere che mi è sempre piaciuto, anche se come tutti anch’io sono partito dal rock. Ogni luogo era buono per organizzare una serata, ricordo che con il Circolo La Comune capitava di amplificare concerti in aule scolastiche. Adesso certe situazioni di allora sarebbero improponibili, ma a quell’epoca non c’erano legislazioni né tantomeno limitazioni in campo di sicurezza sul lavoro. Si arrivava sul posto col furgone, si scaricava, si montava e via… Anno dopo anno invece è diventato tutto più controllato, a partire dai permessi, dalle perizie specialistiche sull’idoneità di luoghi e impianti”.
La passione per il jazz, fece sì che Dall’Oca si ritrovasse insieme ad un amico e collega bolognese ad amplificare il concerto di Miles Davis al Paladozza nel novembre del 1986: un salto notevole per il giovane fonico bolzanino. Da lì al trovarsi coinvolto nel calderone di Umbria Jazz il passo è stato breve: “Lavorare per quegli artisti che ero solito ascoltare sui dischi – continua il suo racconto – è stata un’emozione pazzesca, sono stati anni incredibili, ho fatto il service audio a Perugia per oltre vent’anni. Dopo il 2009 l’ho fatto solo per l’edizione invernale che si tiene a Orvieto”.
Ora però Dall’Oca lavora praticamente in esclusiva per Fresu, che amplifica ovunque, in Italia, all’estero, nei teatri, in formula quintetto jazz, in formazione con sezione d’archi, in duo, trio, quartetto, tanto che confidenzialmente quando parla di Fresu lo chiama il mio artista.
“L’unica eccezione – conclude – sono i concerti con Omar Sosa, perché in quel caso lui si porta i suoi fonici. Con Paolo ho lavorato la prima volta a Bolzano nel 1987, intorno alla metà degli anni duemila il suo agente mi ha proposto di seguirlo in un’occasione un po’ difficile e da lì tutto è partito. Con lui si viaggia, e a me piace tantissimo viaggiare, fa tantissimi concerti, siamo nell’ordine di più di 120 concerti all’anno e il rapporto va oltre la professione, ormai ci sono stima reciproca e amicizia, è una persona tranquilla e affabile, capisce le situazioni. Non ricordo di avere mai avuto momenti di tensione con lui. Il motto, se qualcosa non va come dovrebbe, è: la prossima volta andrà meglio”.
Autore: Fabrizio dall’Oca