Una professionista che si occupa di demenza da oltre 30 anni; un volumetto semplice, per imparare a convivere il più serenamente possibile con un familiare affetto da demenza senile e un folto pubblico, per la presentazione alla biblioteca Dante Alighieri di Ora.
Almeno una sessantina le persone che nel tardo pomeriggio di lunedì 2 ottobre scorso hanno affollato la sala della biblioteca Dante Alighieri di Ora. Numeri non facili da segnare per la presentazione di un libro, soprattutto nelle piccole biblioteche di provincia, ma il motivo era chiaro: a venir presentato è stato il libro: “Ma lei dove dorme? 24 ore accanto all’anziano affetto da demenza”. A redigere il libro, e a discuterne i contenuti, la dottotressa Cinzia Siviero, fisioterapista e operatrice di cura, che si occupa di demenza dal lontano 1990.
Dottoressa, da cosa è nata l’idea di questo libro?
L’idea c’era già da tempo, ma l’occasione è venuta grazie a una notevole mole di materiale audio-video accumulato durante gli incontri in videoconferenza che ho tenuto durante il periodo del covid per l’Associazione milanese “Al Confine” , i cosiddetti Alzheimer cafè, che in quel periodo appunto, non potevano più essere tenuti in presenza.
Quali sono i contenuti di questo piccolo libro?
Ho cercato di divulgare e di rendere accessibile a tutti, anche attraverso un linguaggio semplice e diretto, il metodo Validation, di cui sono insegnante certificata dal 2005, per aiutare i familiari di persone affette da demenza a convinvere con la patologia il più serenamente possibile nell’arco delle 24 ore.
In cosa consiste questo metodo?
Per spiegarlo con parole semplici, si tratta di un processo di comunicazione globale, quindi sia di tipo verbale che non verbale, per riuscire ad aprire un canale relazionale con la persona affetta da demenza. Perchè si parla sempre della solitudine dei familiari – che è senz’altro presente e importante – ma è la persona stessa affetta da demenza a essere sola, poichè, appunto, non è più in grado di comuncare con il mondo attorno a sè.
All’incontro erano presenti i volontari dell’Alzheimer Cafè di Laives, operatori di settore ma, come prevedibile, molti familiari. Dottoressa, qual è la difficoltà più grande di cui più spesso le chiedono conto?
La stanchezza. Chi convive e assiste queste persone raggiunge livelli di stanchezza così elevati da non riuscire più ad avere la pazienza necessaria e questo li preoccupa, ovviamente. Perciò il mio consiglio è sempre quello di chiedere aiuto, per poter trovare tempo per se stessi e scaricare lo stress.
Nel libro si parla in particolare della gestione del rapporto col malato quando egli si trova ancora a casa. Ma cosa accade nel momento in cui ci si rende conto di doversi appoggiare a una struttura?
Questo è un passaggio cruciale, dove il familiare si sente molto in colpa. Proprio per questo, l’ultima parte del libro, dedicata al passaggio in struttura, è stata redatta dalla dottoressa Rita d’Alfonso, un’esperta in questo campo.
Un contributo importante quindi, quello portato dalla dottoressa Siviero, non solo alle persone presenti nella serata del 2 ottobre, ma per tutti coloro che si trovano quotidianamente a combattere con una patologia in cui, per dirlo con le parole della dottoressa, a dominare sono appunto la stanchezza, la solitudine e il senso di impotenza. Preziosa in questo senso, la mano tesa in aiuto degli Alzheimer Caffè proposti regolarmente il giovedì mattina dal Centro Don Bosco di Laives.
Autrice: Raffaella Trimarchi