Raccontando storie

Ogni giorno, ciascuno di noi condivide esperienze, emozioni e ricordi attraverso narrazioni, ma sono pochi coloro che riescono a trasformare questi semplici racconti in storie coinvolgenti. In questo numero incontriamo Martina Pisciali, una storyteller bolzanina che con le sue parole riesce a incantare chiunque.

Raccontare storie è un’attività che ha contraddistinto l’essere umano da prima della nascita della scrittura. Lo “storytelling” è l’arte di narrare in modo avvincente, che va oltre la semplice lettura: lo storyteller coinvolge gli ascoltatori, dipingendo le immagini della storia attraverso la voce e il corpo. Proprio per questa capacità di stimolare l’immaginazione degli spettatori, lo storytelling è spesso definito il “cinema dei poveri”.

Nell’età contemporanea – in cui i film, le serie televisive e i video online monopolizzano l’industria della narrazione – potrebbe sembrare che lo storytelling sia un lavoro destinato a sparire. Molti invece sostengono che si tratti della professione del futuro, in grado di riportare una ventata d’aria fresca nei nostri mondi digitali.

L’INTERVISTA

Come ti sei avvicinata allo storytelling?

Quando ero alle superiori facevo un laboratorio di teatro con il Teatro Cristallo, dove ho conosciuto Chiara Visca. Grazie a lei, ho avuto l’opportunità di partecipare, quasi per caso, a un festival di storytelling a Roma. Questo evento è stato un punto di svolta per me, perché mi ha permesso di entrare in contatto con storytellers provenienti da tutto il mondo e di partecipare a numerosi workshops. Mi sono innamorata dell’arte di raccontare e ho deciso di proseguire nella formazione con la compagnia “Raccontamiunastoria” di Roma.

A quale età il pubblico resta più impressionato dalle storie?

Non c’è la persona sbagliata per le storie, ma solo la storia sbagliata per la persona. Io ho lavorato con tutte le fasce d’età, dai bambini più piccoli agli adulti e non ho mai trovato nessuno per cui non ci fosse una storia adatta.
Sicuramente gli adulti sono in astinenza da storie: mentre ai bambini vengono narrati spesso tanti racconti, gli adulti sono in ve trascurati, per cui quando vengono ad ascoltare si divertono di più. 
Ho fatto diversi progetti anche alle superiori e devo ammettere che coinvolgere gli adolescenti è la sfida più ardua del mio mestiere, però alla fine si riesce sempre a sfondare le barriere.
I bambini invece sono sempre molto contenti di ascoltare, a volte fin troppo: se non li si tiene a bada si rischia che vogliano raccontarla loro stessi, ma dopotutto anche questo è il bello dello storytelling.

Lo storytelling è il tuo unico lavoro?

Attualmente lavoro anche presso il Museo di Scienze Naturali di Bolzano e mi ritrovo in una posizione dove i miei due ruoli professionali si influenzano reciprocamente. Facendo la guida al museo, io sono sempre a contatto con il pubblico e sempre con gruppi diversi: è un utilissimo allenamento per comprendere le differenti fasce d’età e gli interessi di bambini, adolescenti e adulti.
Inoltre, durante il mio lavoro al museo cerco sempre di inserire nelle varie attività delle storie, anche nelle audioguide e nelle trame per i “delitti al museo”, che sono nelle serate che organizziamo al museo simili alle più conosciute “cene con delitto”. I miti sono il modo in cui i nostri antenati cercavano di darsi risposte, dunque per capire il progresso che ha portato alle scienze naturali di oggi bisogna partire da lì.

La città di Bolzano offre molte opportunità agli storytellers?

Le opportunità a Bolzano ci sono, però vanno cercate o create. Bisogna farsi conoscere e spesso spiegare in cosa consista lo storytelling: purtroppo in molti non sanno cosa sia…
Tuttavia, il lavoro c’è sicuramente e i progetti non mancano mai, ma per lavorare in Italia è necessaria molta burocrazia che ostacola il processo artistico. In altri Paesi europei gli storytellers sono più conosciuti e tutelati, ma sono fiduciosa che presto anche in Italia inizierà ad affermarsi come professione.

Pensi che le nuove tecnologie favoriscano o ostacolino il tuo lavoro?

Le nuove tecnologie rappresentano sicuramente un’opportunità per il mio lavoro di storyteller, poiché consentono di accedere a una vasta gamma di immagini ed esperienze che altrimenti sarebbero difficili da raggiungere. Tuttavia, negli ultimi tempi ho notato un cambiamento nei comportamenti dei giovani: sembrano dedicare sempre meno tempo a vivere esperienze dirette e ad arricchire il loro “archivio personale”. Non si passa abbastanza tempo ad assaporare le esperienze vissute in prima persona. Si fa sempre fatica ad immaginare i paesaggi naturali, anche i più semplici, come i fiumi e le pianure. Bisognerebbe vivere attivamente, prestando attenzione a tutti i cinque sensi in ogni momento.

Anche il luogo in cui si svolge lo storytelling è fondamentale: la stessa storia raccontata a persone e in ambienti diversi risulta completamente differente. Alcune ambientazioni in cui ho lavorato sono perfette per stimolare la fantasia del pubblico, come un’isoletta-oasi negli Emirati Arabi Uniti, ma anche il Belvedere di Canazei per rimanere in Trentino-Alto Adige.

Hai qualche consiglio per coloro che desiderano intraprendere la strada dello storytelling?

Lo storyteller deve certamente essere sempre attento a quello che ha intorno: quando ci si muove nel mondo bisogna osservare, annusare e sentire il più possibile. Quando si desidera che il pubblico visualizzi un’immagine descritta, è cruciale che lo storyteller la visualizzi chiaramente per primo: proprio come un attore teatrale deve incarnare appieno il personaggio che interpreta, allo stesso modo lo storyteller deve essere in grado di “vivere” la storia che narra.
Inoltre, è importante per gli storytellers ascoltare chi vuole raccontare qualcosa: l’esperienza altrui rappresenta un tesoro inestimabile se non è possibile visitare di persona i luoghi, percepire i profumi o immergersi direttamente in una cultura. L’ascolto e gli occhi attenti sul mondo diventano un elemento imprescindibile per arricchire e rendere autentiche le proprie narrazioni.

Autore: Luca Pompili COOLtour

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