Incredibilmente ricca, varia e di successo fu l’intera vita di questo artista che frequentò con le sue opere le esposizioni Universali, la Biennale di Venezia, le esposizioni della Secessione di Roma, fu docente all’Accademia d’Arte e a quella di Architettura. Per i suoi lavori in ceramica venne premiato alle esposizioni internazionali di Bruxelles, di San Pietroburgo e di Saint Louis.
Galileo Chini (Firenze 1873 – Firenze 1956) nacque e morì a Firenze ma questi due dati non devono trarci in inganno! Galileo viaggiò moltissimo, fu capace imprenditore di sè stesso e frequentò senza posa e con enorme successo sia le Esposizioni Universali che le Biennali di Venezia. Fu sempre aperto alle influenze del suo tempo tanto da diventarne un colto, raffinato ed esperto interprete. Fu infatti influenzato dagli esiti artistici provenienti dall’Inghilterra, soprattutto quelle condotte dalle Arts and Crafts capeggiate da William Morrison, che voleva una riforma e una valorizzazione delle arti applicate, abolendo ogni confine tra arte e arte applicata prediligendo piuttosto una arte totale capace di esplicarsi in ogni ambito.
Questi erano appunto anche gli intendimenti del Chini. Conobbe e fece sue le istanze preraffaellite descritte da John Ruskin e Dante Gabriele Rossetti. Non di meno subì il fascino di Klimt e della Secessione viennese ma non trascurabile fu il gusto esotico che egli sviluppò traendolo dalla sua personale esperienza biennale di lavoro in Tailandia.
In Chini dunque si fondevano oriente e occidente, la tradizione medievale e rinascimentale con lo stile Liberty fino a spingersi all’Art Deco e negli ultimi anni della sua vita ad un espressionismo più cupo. Nel 1910 il re del Siam, Rama V, inviò in Italia Carlo Allegri, allora ingegnere capo presso il Ministero dei Lavori Pubblici del Siam, con l’incarico di trovare un pittore per la nuova Sala del Trono Ananta Samakhom di Bangkok: firmato il contratto a Firenze nel 1910 tra Galileo Chini e Carlo Allegri, nel 1911 l’artista si imbarcò a Genova, diretto in estremo Oriente.
Chini affrescò la sala del trono presso il nuovo palazzo Ananta Samakhom e realizzò una serie di ritratti di Rama VI.
Nella centrale di Marlengo Galileo Chini firmò un insieme decorativo che si prendeva cura dell’intero rivestimento di piastrelle di ceramica di pavimenti e pareti, le lampade in vetro piombato, i supporti delle lampade stesse, le decorazioni Deco di arconi soffitti e archivolti. Sono figure geometriche quelle che si rincorrono e si allineano in più ordini. Occupano ogni spazio saturandolo delle tonalità calde con le quali sono dipinte.
Magnifici i due dipinti posti in pendant l’uno davanti all’altro. Il primo rappresenta una inarrestabile mandria di cavalli al galoppo, allegoria della forza dell’acqua capace di azionare i motori e produrre energia.
Autrice: Rosanna Pruccoli